Sequestro patrimoniale da 150 milioni di euro nei confronti di un noto imprenditore, Carmelo Lucchese, 55 anni, operante nel settore della grande distribuzione alimentare tra Palermo e provincia. Al centro dell’operazione, denominata “Schiticchio”, eseguita dai finanzieri del comando provinciale, una società, con sede legale a Milano, che gestisce 13 supermercati tra Palermo, Bagheria, Carini, Bolognetta, San Cipirello e Termini Imerese che, come disposto nel provvedimento emesso dal tribunale del capoluogo siciliano, viene contestualmente affidata ad un amministratore giudiziario con il compito di garantire la continuità aziendale e mantenere i livelli occupazionali per preservare i diritti dei lavoratori, dei fornitori e della stessa utenza. – continua sotto –
La ricostruzione operata dalla Procura antimafia e accolta dai giudici della Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale, sulla base degli accertamenti svolti dagli specialisti del Gico (Gruppo investigativo su criminalità organizzata) del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Palermo, ha consentito di evidenziare l’imprenditore, pur essendo incensurato, sarebbe da ritenere colluso alla criminalità organizzata, poiché lo stesso, seppure non organicamente inserito nell’organizzazione criminale, avrebbe sempre operato sotto l’ala protettiva di Cosa Nostra. È stato necessario analizzare e riscontrare le precise e puntuali dichiarazioni rese da diversi collaboratori di giustizia, nonché valorizzare in chiave unitaria le risultanze investigative raccolte in diversi procedimenti penali; tale complessa ricostruzione ha consentito di evidenziare strutturati contatti del 55enne con la famiglia mafiosa di Bagheria, e far emergere i vantaggi “imprenditoriali” di cui ha potuto beneficiare nel tempo. – continua sotto –
Alla luce delle penetranti investigazioni svolte dalle Fiamme Gialle palermitane, il Tribunale ha ritenuto ricorrenti gli elementi per ritenere il proposto un soggetto socialmente pericoloso in quanto appartenente, anche se non partecipe, al sodalizio mafioso, alla luce della vicinanza con esponenti di vertice della consorteria bagherese, grazie alla quale l’imprenditore “colluso” è riuscito a: espandersi economicamente nel settore, acquisendo, avvalendosi di interventi di “Cosa nostra”, ulteriori attività commerciali; scoraggiare la concorrenza anche attraverso atti di danneggiamento; risolvere controversie sorte con alcuni soci, ottenendo in loro pregiudizio la possibilità di rilevare l’impresa contesa e beneficiando peraltro di una dilazione nei pagamenti; evitare il pagamento del “pizzo” nella zona di Bagheria e, grazie alla mediazione mafiosa della locale famiglia, contrattare la “messa a posto” con altre articolazioni palermitane di “Cosa nostra”. – continua sotto –
In una logica di reciproco vantaggio, il proposto ha remunerato con ingenti somme gli esponenti mafiosi, assumendo anche loro familiari nei propri punti vendita, quale riconoscimento del loro determinante intervento in momenti cruciali nel percorso di espansione commerciale dell’attività imprenditoriale. Inoltre, le ricostruzioni operate sotto il coordinamento della Procura della Repubblica di Palermo, hanno consentito agli specialisti del Gico del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Palermo di valorizzare anche la disponibilità manifestata dal proposto alla consorteria mafiosa di Bagheria di un appartamento per dare rifugio ad un mafioso di grosso calibro nell’ultimo periodo della latitanza. Infatti, proprio in coincidenza temporale con i più significativi interventi del sodalizio mafioso in favore della società attiva nella grande distribuzione, si è registrato una crescita esponenziale della società, che si è trasformata dall’iniziale impresa familiare in una realtà in forte sviluppo che ha incrementato costantemente il proprio volume d’affari arrivando a fatturare oltre 80 milioni di euro nel 2019. – continua sotto –
Tenendo conto della ricostruita risalente vicinanza al sodalizio criminale, il Tribunale ha disposto il sequestro dell’intera attività imprenditoriale svolta dal proposto – qualificata come impresa mafiosa – e di tutto il patrimonio nella sua disponibilità. Oltre al sequestro dell’interno compendio aziendale e delle quote sociali della citata società, sono stati cautelati e parimenti affidati ad un amministratore giudiziario affinché li gestisca nell’interesse della collettività: 7 immobili di cui una villa in zona Pagliarelli a Palermo; 61 rapporti bancari e 5 polizze assicurative; 16 autovetture, tra cui 2 Porsche Macan. IN ALTO IL VIDEO