Lorenzo Diana ricomincia da Torre Annunziata: patria di Giancarlo Siani

di Nicola Rosselli

Ricomincia da Torre Annunziata, patria del clan Gionta, ma anche del cronista de “Il Mattino” Giancarlo Siani, la propria testimonianza civile Lorenzo Diana. Il più volte parlamentare, già segretario della commissione parlamentare antimafia, a 70 anni, dopo la brutta avventura giudiziaria che lo ha visto ingiustamente sul banco degli imputati per accuse praticamente inesistenti, «per un teorema basato su voli pindarici», come lui stesso evidenzia, sarà il vice del sindaco Vincenzo Ascione che gli ha conferito deleghe a lui consone: gestione dei beni confiscati, legalità e sicurezza, trasparenza e procedimenti anticorruzione. – continua sotto – 

Veri e propri macigni se si pensa che solo un mese fa a Torre Annunziata è stato arresto il responsabile dell’ufficio tecnico comunale trovato con una tangente da 10mila euro. Per 30 anni consigliere comunale a San Cipriano d’Aversa anche da parlamentare, per 16 anni consigliere provinciale, parlamentare per tre legislature, segretario della commissione antimafia. Diana, già docente di filosofia, proprio non riesce a non testimoniare il proprio impegno. – continua sotto – 

«Non si può essere – afferma Diana – disinteressati alla politica. Sono, però, molto rattristato dallo scenario che ci circonda: degrado, decadimento di classe politica e dirigente e la politica non può non esistere, la polis è necessaria, qualcuno la deve fare e ritengo non ci sia altro strumento collettivo che possa attuare il cambiamento della società. La politica è irrinunciabile». «Guardo – continua l’ex parlamentare aversano – con interesse alla politica anche se in ruoli diversi rispetto al passato, non si può non essere coinvolti anche se in forme diverse rispetto a prima. Mi fa piacere di essere stato chiamato a Torre, la mia terra mi è certamente più cara, ma la testimonianza e l’impegno contro le illegalità non ha confini». – continua sotto – 

Quando gli viene chiesto cosa lo ha spinto ad accettare, Diana risponde: «Mi è stato chiesto dal sindaco e da altre personalità politiche e istituzionali. Ho riflettuto molto, chiesto tempo, chiarimenti e posto condizioni. Volevo avere la certezza di riuscire a fare un lavoro che permettesse un’inversione di rotta. Lo ritengo un mio dovere etico non tirarmi indietro davanti a situazioni difficili. Parto da un principio: non c’è realtà immodificabile, se non fosse così rinunceremmo ad ogni azioni di speranza e di sfida. Il secondo motivo è rappresentato dalla consapevolezza di agire nel solco delle denunce di Giancarlo Siani su Torre e clan Gionta, non si poteva non dare seguito. Una delle condizioni poste è stata quella che la giunta non doveva essere composta da persone contrarie a quei valori che con la mia figura rappresento». – continua sotto – 

Per quanto riguarda gli stati d’animo lasciatogli dalla sua vicenda giudiziaria Diana afferma: «L’amarezza di una sofferta sospensione della vita anche sociale e pubblica. Sofferenza nel vedere la giustizia, per la quale ho dato tanto, cadere sempre più in errori e spettacolarizzazioni dovute a carrierismo e correntismo. La fierezza e l’orgoglio di sapere che sarei uscito indenne perché sapevo non solo di non aver fatto nulla ma di aver dato allo Stato e alle Istituzioni tanto, ma speravo che i tempi non fossero così lunghi. Cinque anni e mezzo per valutare un’indagine. Quanti si trovano in questa stessa situazione? Io avevo strumenti culturali, sociali ed economici per affrontare la situazione, ma quelli che non li hanno come potranno mai difendersi? La giustizia diventa sempre più diseguale, il cittadino è sempre più debole. Ho deciso, per questo, di dare il mio contributo a tutte le associazioni che si battono per la riforma della giustizia anche perché non sono sospettabile di essere contro la magistratura che va cambiata». «Ho trovato molto vicini – ha concluso – i familiari tutti, con un affetto particolare dei miei figli e nipoti. Devo molto ad alcune amiche ed in particolare a chi mi ha fatto, con forte empatia, da robusta e paziente spalla anche nella preparazione della corposa memoria di difensiva. La mia gratitudine va anche a Francesco Picca, che non mi ha fatto solo da validissimo avvocato».

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