I finanzieri del comando provinciale di Catanzaro hanno portato a termine l’operazione “Coccodrillo”, coordinata dalla locale Procura antimafia, con l’esecuzione di 7 arresti e tre misure interdittive, e il sequestro preventivo di beni per un valore stimato di oltre 50 milioni di euro nei confronti di alcuni imprenditori catanzaresi e dei loro prestanome. – continua sotto –
A essere coinvolto dal blitz della Guardia di Finanza è il gruppo imprenditoriale dei Lobello, molto conosciuto a Catanzaro e nell’hinterland catanzarese. Dei 7 arrestati, in carcere è finito Giuseppe Lobello, 50 anni. Ai domiciliari: Antonio Lobello, 71; Daniele Lobello, 46; Francesco Iiritano, 30; Domenico Rotella, 42; Anna Rita Vigliarolo, 43; Vincenzo Pasquino, 59. Disposta la misura interdittiva del divieto temporaneo a esercitare la professione di ragionieri/consulenti/commercialisti per un anno ad altri tre indagati. Agli indagati sono contestati, a vario titolo, i reati di concorso esterno in associazione mafiosa, trasferimento fraudolento di valori, riciclaggio, autoriciclaggio, favoreggiamento reale ed estorsione. – continua sotto –
Giuseppe Lobello, pur non facendone parte è accusato, come sottolineano gli investigatori, di “concorrere nell’associazione di ‘ndrangheta denominata cosca Arena” alla quale avrebbe fornito “attraverso condotte attive, un contributo concreto, specifico e volontario per la conservazione e il rafforzamento della capacità organizzativa dell’associazione, con la consapevolezza dei metodi e dei fini dell’associazione stessa. In particolare, muovendosi quale imprenditore edile titolare e amministratore di fatto delle imprese facenti capo alla famiglia Lobello – Strade Sud, Trivellazioni Speciali, Consorzio Stabile Zeus, Consorzio Stabile Genesi – faceva da intermediario tra i vertici della cosca Arena e taluni imprenditori soggetti a estorsione per lavori nel Catanzarese, raccogliendo i ratei delle estorsioni e consegnandoli alle scadenze prestabilite ai vertici del clan, ciò allo scopo di evitare che la presenza di soggetti riconducibili al clan presso i cantieri potesse tirare l’attenzione delle forze dell’ordine; ottenendo al contempo per il legame stretto con gli Arena una posizione dominante nell’esecuzione di lavori edili su Catanzaro, ovvero la protezione da interferenze estorsive, di altri gruppi criminali, presso i cantieri relativi ai lavori eseguiti e presso l’impianto di calcestruzzo dell’impresa”. – continua sotto –
L’indagine ha evidenziato un grave quadro indiziario a carico degli imprenditori catanzaresi Antonio Lobello, Giuseppe Lobello e Daniele Lobello, in ordine a plurimi reati di intestazione fittizia di beni, realizzati attraverso un sistema di società, formalmente intestate a terzi, e tuttavia dagli stessi controllate e gestite, e ciò al fine di sottrarre il proprio patrimonio aziendale all’adozione di prevedibili misure di prevenzione antimafia. Gli imprenditori nutrivano il concreto timore circa l’adozione di prevedibili misure ablative di prevenzione che riguardassero le società del gruppo, essendo emersi, più volte, a livello giudiziario, i loro rapporti con cosche ‘ndranghetiste, tanto che talune loro società sono state attinte da interdittive antimafia emesse dalla Prefettura di Catanzaro (“Calbin srl”, “Cantieri edili – Iniziativa 83 srl” e “Strade Sud srl”). Disposto il sequestro preventivo delle società di fatto riconducibili ai tre imprenditori, e oggetto di intestazioni fittizie, “Strade Sud srl”, “Trivellazioni speciali srl”, “Consorzio Stabile Zeus”, “Consorzio Stabile Genesi”, tutte operanti nel comparto dell’edilizia pubblica e privata e aggiudicatarie di numerosi appalti pubblici, nonché della società “Marina Cafè srls” operante nel settore della ristorazione. – continua sotto –
Le investigazioni, che si sono avvalse anche delle plurime dichiarazioni dei collaboratori di giustizia e di esiti di intervettazioni, hanno evidenziato, oltre al legame mantenuto nel tempo dalla famiglia Lobello con il clan Mazzagatti di Oppido Mamertina, anche il rapporto con il clan Arena di Isola Capo Rizzuto e altre cosche del crotonese, tra cui quella riconducibile a Nicolino Grande Aracri. In particolare, a Giuseppe Lobello viene contestato di avere svolto, per la cosca Arena di Isola Capo Rizzuto, la funzione di collettore delle estorsioni imposte presso i cantieri edili del catanzarese. Tale opera di intermediazione e lo stretto legame con gli esponenti della cosca Arena e con altre consorterie operanti sulla fascia ionica-catanzarese, ha garantito alle imprese del Gruppo Lobello una posizione dominante nell’esecuzione di lavori edili e forniture di calcestruzzo su Catanzaro e provincia, nonché la protezione da interferenze estorsive di altri gruppi criminali, quale imprenditore “intoccabile”. – continua sotto –
A Giuseppe Lobello, nei cui confronti è stata disposta la custodia cautelare in carcere, è stato, per ciò, contestato anche il reato di concorso esterno in associazione mafiosa, oltre ai reati contestati agli altri suoi congiunti. Sono stati disposti, infatti, gli arresti domiciliari nei confronti di Lobello Antonio e del fratello Lobello Daniele, rispettivamente padre e fratello di Giuseppe, per i reati di trasferimento fraudolento di valori e autoriciclaggio, e la stessa misura cautelare è stata disposta nei confronti di quattro soggetti, tra dipendenti del Gruppo Lobello e intestatari fittizi delle società. – continua sotto –
Dalle indagini è emerso, anche, un episodio di estorsione nei confronti di un lavoratore dipendente costretto ad auto licenziarsi contro la sua volontà da una società fittiziamente intestata a un prestanome, per incomprensioni sorte sul luogo di lavoro con i familiari di Giuseppe Lobello. Sono state disposta, altresì, le misura interdittiva del divieto temporaneo di esercitare, per la durata di un anno, le attività di ragionieri, consulenti e commercialisti, nei confronti di tre ragionieri del Gruppo Lobello, per il reato di favoreggiamento. IN ALTO IL VIDEO