Un autonomo filone dell’inchiesta “Febbre dell’oro nero” relativa a un vasto contrabbando di idrocarburi che stamani ha portato a 45 provvedimenti cautelari, tra cui diversi riguardanti soggetti vicini al clan casertano dei Casalesi e alla mafia tarantina, con l’accusa di contrabbando di carburanti (leggi qui). E’ quello che, stamani, ha portato i carabinieri all’arresto di Luigi Cardiello, già oggetto di numerose indagini in materia ambientale condotte dalle procure di Napoli e Santa Maria Capua Vetere tra gli anni ’90 e l’inizio degli anni 2000, che gli avevano valso il soprannome di Re Mida dei rifiuti (operazioni “Re Mida” e “Cassiopea”). – continua sotto –
Oltre a Cardiello, i carabinieri del nucleo investigativo di Salerno e di Sala Consilina, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia di Potenza, hanno dato esecuzione a un’ordinanza cautelare nei confronti di altre sei persone, di cui 5 finite ai domiciliari e una sottoposta all’obbligo di dimora, tutte ritenute responsabili di traffico organizzato di rifiuti e inquinamento ambientale. Cardiello nell’indagine risulta aver agevolato l’ex compagno d’affari Raffaele Diana nella ricerca di nuovi siti di illecito stoccaggio e sversamento per rifiuti pericolosi frutto di lavorazione industriale, individuati nel Vallo di Diano e tra la Basilicata e la Puglia, in particolare a Tursi (Matera) e a Foggia. – continua sotto –
Sebbene – spiega la Procura – rispetto al traffico organizzato di rifiuti e inquinamento ambientale non siano stati acquisiti gravi indizi di colpevolezza a carico di Diana, arrestato oggi per altri gravi delitti connessi al citato traffico di idrocarburi, gli iniziali accordi con Cardiello hanno consentito di aprire un nuovo fronte di indagine nei confronti dell’ex Re Mida”. Sono stati così individuati comportamenti illeciti riconducibili a due società del salernitano, una di Polla e l’altra di Sant’Arsenio, che si sarebbero rivolte all’organizzazione criminosa con a capo Cardiello per lo smaltimento illegale dei rifiuti prodotti. L’indagine, denominata “Shamar” (parola ebraica che significa custodire gelosamente), “ha avuto il compito di impedire – scrive la procura – che il Vallo di Diano venisse trasformato nella nuova terra dei fuochi”.