Si è conclusa la 93esima Notte delle Stelle a Hollywood con trionfi attesi e qualche sorpresa, ma soprattutto con il piacere di assistere a una cerimonia in presenza, pur se con numeri ovviamente ridotti. In realtà, le stelle del cinema erano già tornate a scintillare in Italia, in occasione dell’ultima Mostra di Venezia, unica kermesse non in virtuale insieme alla Festa del Cinema di Roma. Ed è proprio dal Festival lagunare che è partita la lunga rincorsa alla statuetta più prestigiosa di tutte di “Nomadland”, già Leone d’Oro a Venezia, e trionfatore assoluto agli Academy Award. Il film, che narra la storia vera di una vedova decisa a dare un taglio netto con il passato e a ricominciare un’esistenza “on the road”, da nomade appunto, in sella al suo camper pronto ad attraversare le strade d’America e a condividere la vita di stenti, ma anche di libertà, di tanti simili incontrati nel suo percorso di rigenerazione catartica, si è meritato ben tre trofei di gran peso: miglior film, regia e attrice protagonista. – continua sotto –
Una vittoria al femminile, senza dubbio, poiché la regista è la cinese, naturalizzata yankee, Chloé Zhao, che, a soli 39 anni, vede riconosciuto universalmente il suo talento dietro la macchina da presa, capace di renderla seconda donna, dopo Kathryn Bigelow, ad alzare l’ambita statuetta nella quasi centenaria storia del premio, e l’attrice è l’inesauribile Frances McDormand, protagonista nonché produttrice della pellicola, al suo terzo alloro personale nella categoria, un quasi record alle spalle della mitica Katharine Hepburn giunta a quattro Academy. Beneaugurante è stato il monito della McDormand, che dal palco di una delle due sedi della manifestazione, il tradizionale Dolby Theatre di Hollywood Boulevard e la nuova location della Union Station di Los Angeles, ha esortato il pubblico a vedere la pellicola sullo schermo enorme di una sala cinematografica, auspicando un ritorno al cinema ormai desiderato da tutti. – continua sotto –
La sorpresa l’ha rappresentata, indubbiamente, l’annuncio del premio all’attore protagonista, l’ottuagenario Anthony Hopkins per “The father” di Florian Zeller, volato prima della consegna dei premi nel suo amato Galles, e non per demerito di uno dei più gradi attori dello scorso e, a quanto pare, anche dell’attuale millennio, ma perché era davvero attesissimo un riconoscimento postumo alla star afroamericana Chadwick Boseman, scomparsa lo scorso agosto a soli 43 anni, e invece l’anziano sir Anthony, insperatamente, ha agguantato il suo secondo Oscar a ben 29 anni dal primo trionfo grazie al ruolo, entrato a pieno diritto nell’immaginario cinematografico planetario, del tremendo Hannibal Lecter nel capolavoro “Il silenzio degli innocenti”. – continua sotto –
Assolutamente scontati, invece, gli Oscar ai non protagonisti, la sudcoreana Yuh-Yung Youn, nonna emozionante nell’osannato “Minari” di Lee Isac Chung e Daniel Kaluuya, membro del Black Panther Party nel film denuncia “Judas and the Black Messiah” di Shaka King, uno dei pochi, ma incisivi e necessari, tributi pagati dagli Academy di quest’anno al movimento “Black Lives Matter”. Vittima, si fa per dire, di tale tributo è stata la nostra Laura Pausini, data per sicura vincitrice nella categoria canzone originale “Io si” da “La vita davanti a sé” di Edorado Ponti, che si è vista superare, sul filo di lana, dalla rapper di colore H.E.R., interprete di “Fight for you”, inserita nella colonna sonora di “Judas” e diventato inno delle attuali proteste antirazziste.