Emergono particolari di irregolarità e anomalie che gettano una luce ancora più inquietante sulla tragedia del 23 maggio alla funivia Stresa-Mottarone in cui hanno perso la vita 14 persone. Alcuni parlano di “forchettoni visti con i passeggeri a bordo” perché “Tadini (il capostazione) voleva così”, altri dicono di non aver mai fatto un corso di formazione, altri ancora raccontano che le corse di prova per testare la sicurezza venivano fatte con i turisti in cabina. – continua sotto –
Dai verbali, riportati dal Corriere della Sera, si legge che il 23 maggio “quella mattina – racconta agli inquirenti Pietro Tarizzo, l’operatore che il giorno dell’incidente controllò le funi – per la corsa di prova, non sono salito da solo ma con altre 12 persone, oltre al mio collega Zurigo”. Normalmente il “giro di prova”, in cui si testa l’impianto e ci si accerta che tutto funzioni correttamente, viene effettuato solo dagli addetti ai lavori, ma non quella mattina “perché Nerini ci ha detto: il gruppo sale con voi”. Luigi Nerini, proprietario della Ferrovie del Mottarone, la mattina del 23 maggio, era infatti all’impianto: “C’erano lui e la signora Patrizia – racconta ancora Tarizzo – sono andato a verificare le funi tenditrici. Ho fatto un controllo visivo puntando una pila su tutti i trefoli. Non c’ erano anomalie. Dopodiché siamo saliti con le 12 persone sul Mottarone”. – continua sotto –
Tadini, invece, dichiara che prima di quest’anno sulle cabine della funivia i forchettoni sono stati adoperati per il giro a vuoto o per la manutenzione, mai con gente a bordo. Lo riferisce il suo avvocato, Marcello Perillo, riportando un commento del suo assistito in merito alle immagini diffuse dall’emittente tedesca Zdf. “Se in cabina si vedono delle persone – ha aggiunto il legale – secondo Tadini si tratta di addetti alla funivia o manutentori”. – continua sotto –
Per gli inquirenti sembra ormai una certezza che a causare il disastro sia stato l’inserimento dei forchettoni, che disattivavano i freni d’emergenza. Da chiarire ancora chi li mettesse e chi fosse a conoscenza della procedura. Stefania Bazzaro, macchinista, ha raccontato che “era Tadini a ordinare l’applicazione dei ceppi sui freni d’emergenza anche durante il regolare funzionamento dell’impianto. Quando gli ho chiesto se dovessi toglierli lui mi ha risposto di lasciarli dov’erano che c’era un problema ai freni”. Per il vetturino Ahmed El Khattabi sarebbero invece state dimenticanze: “E’ capitato di far viaggiare i passeggeri nella cabina con i ceppi. Per quanto ne so io succedeva quando l’addetto si dimenticava di toglierli. Ma è severamente vietato farle viaggiare così”. – continua sotto –
Consapevoli o meno del rischio dell’uso dei forchettoni, i dipendenti sembrano però tutti concordi nelle responsabilità di Tadini. “Io li ho messi e tolti diverse volte. – racconta Fabrizio Coppi, agente di stazione – Ricordo di aver chiesto chiarimenti a Tadini, quando mi ordinò di non levarli. Disse: prima che si rompa una traente o una testa fusa ce ne vuole. All’inizio mi disse: stai tranquillo che tanto non succede niente. Il mese dopo fui costretto a calare 38 persone da una cabina bloccata”. Una spiegazione di come una pratica da tutti ritenuta non corretta possa essere stata perpetrata a lungo, tanto da arrivare alla tragedia, lo ha infine spiegato Tarizzo. “Lo sapevamo tutti che non era normale viaggiare con i forchettoni montati… ma io temevo di perdere il lavoro se avessi detto no”.
Indagine su Alpyland – Intanto, Luigi Nerini sarebbe coinvolto in altre due inchieste per altrettanti incidenti avvenuti sull’impianto Alpyland, una pista su rotaia situata sul Mottarone, sempre a lui riconducibile. Gli incidenti si sono verificati nel 2017 e nel 2019, provocando il ferimento di un dipendente e di un passeggero. In entrambi i procedimenti il reato ipotizzato è quello di lesioni colpose. La procura di Verbania si è servita della circostanza per chiedere la custodia cautelare per Nerini, il quale, secondo i pm, aveva manifestato “insofferenza ad uno scrupoloso rispetto delle misure di sicurezza volte a tutelare l’incolumità degli utenti di tale genere di impianti”. Il gip ha respinto la proposta. Gli episodi erano stati citati per giustificare il pericolo di fuga, secondo la procura, pericolo poi non rilevato dal gip.