Castel Volturno – Otto persone sono state tratte in arresto, stamani, in un’operazione coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia e condotta dai poliziotti della Squadra Mobile di Caserta, in collaborazione con la Squadra Mobile, Reparto Volo e Reparto Cinofili di Napoli, Reparto Prevenzione Crimine Campania, commissariati di Aversa, Frattamaggiore e Giugliano in Campania, Polizia Scientifica di Caserta. Sono tutte ritenute gravemente indiziate, a vario titolo, di concorso in tentato omicidio, ricettazione, porto e detenzione di armi da fuoco, anche alterate, e di oggetti atti ad offendere, spari con armi lungo la pubblica via, tentata estorsione e furto; delitti con l’aggravante del metodo mafioso. – continua sotto –
In carcere sono finiti Luigi D’Antonio, 25 anni, la madre Assunta Castellano, 43 anni, l’ex fidanzata Teresa Venosa, 21 anni, nipote del collaboratore di giustizia Salvatore Venosa; insieme a Lorenzo De Rosa Esposito, 22 anni; Andrea Rosario Guida, 24 anni; Francesco Iorio, 20 anni; Felice Marfella, 21 anni; Giorgio Monaco, 21 anni. I fatti a monte dell’attività d’indagine risalgono alla nottata tra il 13 e il 14 agosto 2019, quando a Castel Volturno tre giovani rimasero vittime di un agguato a colpi di fucili a canne mozze. Le vittime, mentre erano in giro per le strade di quel centro a bordo di un’autovettura, furono accerchiate da un gruppo di ragazzi che viaggiavano in sella a degli scooter. Questi dapprima bloccarono l’autovettura e poi la resero bersaglio di colpi con mazze da baseball ma, soprattutto, di colpi d’arma da fuoco, in particolare armi lunghe, caricate con munizioni a palla spezzata. Nella circostanza, uno dei malcapitati restò colpito; tuttavia, essendosi abbassato, riportò soltanto ferite a una spalla. – continua sotto –
L’avvio immediato delle indagini permise alla Squadra Mobile di Caserta di individuare, già nelle ore seguenti, uno dei possibili responsabili dell’agguato: Luigi D’Antonio. La perquisizione eseguita presso la sua abitazione, peraltro, portò al rinvenimento di un’arma alterata, in particolare un fucile che presentava le canne e il calcio tagliati per agevolarne il porto e aumentarne l’offensività. Per la detenzione dell’arma, poi risultata rubata, D’Antonio fu tratto in arresto. Il successivo sviluppo investigativo, corroborato da attività tecniche di intercettazione, telefonica e ambientale, ma anche da indagini “tradizionali”, ha permesso di ricostruire l’intera vicenda e di individuare tutti i componenti del commando che, in quella nottata, avevano agito insieme a D’Antonio: si trattava, tra gli altri, di Felice Marfella, Andrea Rosario Guida, Lorenzo De Rosa Esposito e Francesco Iorio. Non solo: è stato individuato anche il movente del delitto. D’Antonio e gli altri avevano agito per reazione contro una pregressa aggressione patita da una persona vicina al loro gruppo; peraltro, il tutto si inquadrava nell’ambito della definizione degli equilibri di potere per la gestione di traffici illeciti sul litorale. – continua sotto –
L’indagine ha permesso di ricostruire anche le ore precedenti l’agguato, allorquando, cioè, il sodalizio in questione si era già reso protagonista della più classica delle stese, scorrazzando per strada – armi in pugno – nei pressi di un noto esercizio pubblico della cittadina, affollato di gente, e sparando in aria alcuni colpi di fucile. D’Antonio e Iorio si sarebbero poi anche impadroniti di uno scooter per compiere successivamente l’agguato. Allo stesso tempo, è stato possibile ricostruire come D’Antonio, avvalendosi della collaborazione materiale di sua madre Assunta Castellano e dell’allora sua fidanzata Teresa Venosa, con le quali corrispondeva dal carcere, si sia reso autore di una serie di condotte estorsive consumate in danno dei suoi stessi complici; dietro minaccia di una possibile collaborazione con l’Autorità Giudiziaria, che lo avrebbe portato a rivelare le loro identità, D’Antonio e le donne li hanno infatti costretti a versare diverse somme di denaro, sotto forma di ratei settimanali, a titolo di “supporto economico” per la condizione carceraria patita. – continua sotto –
Il quadro gravemente indiziario ricostruito ha portato al riconoscimento dell’aggravante del metodo mafioso. L’ostentazione di forza realizzata dal gruppo, palesata sia nella stesa che nell’esecuzione dell’agguato attraverso la manifestazione pubblica dell’uso di armi, peraltro in un contesto ambientale qual è quello di Castel Volturno, è stata ritenuta dirimente in proposito. Tutti gli arrestati, ad eccezione di D’Antonio, già detenuto, sono stati rintracciati e catturati presso i propri domicili. Nel corso delle perquisizioni, Marfella è stato trovato in possesso di una pistola revolver calibro 38 special con relative 4 munizioni, illegalmente detenute; in ragione di ciò, lo stesso è stato tratto in arresto anche nella flagranza dei reati di detenzione abusiva di un’arma da fuoco e del relativo munizionamento. IN ALTO UNA GALLERIA FOTOGRAFICA