Mondragone, immigrazione clandestina e sfruttamento del lavoro: 3 arresti

di Redazione

 I finanzieri della compagnia di Mondragone hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, nei confronti di tre soggetti (due fratelli di origine moldava ed una donna di origine rumena), ritenuti gravemente indiziati dei reati di procurato ingresso illegale sul territorio nazionale e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina di decine di cittadini moldavi, e specificamente di donne destinate ad essere illecitamente impiegate in condizioni di sfruttamento, quali badanti o colf presso datori di lavori sul territorio dell’alta Campania e del basso Lazio.

In particolare, le complesse attività di indagine, coordinate dalla Procura sammaritana, sono consistite principalmente in attività di intercettazione telefonica e hanno consentito di far emergere l’esistenza di due fenomeni criminali di ampio respiro, risultati tra loro strettamente connessi, essendo l’uno necessario per la realizzazione dell’altro: l’immigrazione clandestina, procurata e favorita dai soggetti indagati di centinaia di cittadini moldavi destinati ad essere collocati, in condizioni di sfruttamento, in Italia presso diverse sistemazioni lavorative; l’intermediazione illecita e lo sfruttamento del lavoro (“caporalato”) dei cittadini moldavi introdottisi e rimasti sul territorio nazionale in violazione della normativa vigente in tema di immigrazione.

Quanto al fenomeno dell’immigrazione clandestina, i fratelli moldavi, V.O. e A.C., secondo l’accusa, avrebbero procurato ai cittadini moldavi il primo ingresso in Italia tramite le frontiere dell’area Schengen, in particolare passando per l’Ungheria, privi del visto di ingresso motivato dallo svolgimento di attività lavorative, in quanto muniti solo di visto turistico o comunque in ingresso in esenzione dall’obbligo di visto (ipotesi che però non consente al cittadino extracomunitario di essere impiegato in attività lavorative) e quindi con permanenza illegale, essendo tutti i passeggeri già reclutati in Moldavia e destinati a diversi impieghi lavorativi sul territorio italiano, cui provvederanno materialmente gli intermediari illeciti operanti in Italia. Inoltre, avrebbero favorito la permanenza illegale dei cittadini moldavi sul territorio nazionale, oltre il termine di 90 giorni loro consentito essendo sprovvisti di visto per motivi lavorativi, tramite l’indispensabile intermediazione con i doganieri (soprattutto ungheresi, ma anche rumeni) nella tratta di ritorno dall’Italia alla Moldavia, grazie alla quale, a fronte del pagamento di diverse somme di denaro, il cui ammontare varia in base alla durata della permanenza illegale, non viene apposto il timbro di interdizione al reingresso in area Schengen, che invece andrebbe apposto nella maggior parte dei casi. Ancora, si sarebbero occupati del reingresso illegale in Italia prima del decorso del termine di permanenza obbligatoria nel paese di origine di almeno tre mesi dalla data di rientro dall’Italia, tramite il meccanismo del “doppio passaporto”, del cui funzionamento alla dogana si fanno loro stessi garanti, oltre che tramite altre dazioni di denaro.

E’ emersa, pertanto, la seguente ricostruzione dei fatti: i cittadini moldavi usciti dall’Italia vi rientrano anche dopo qualche giorno e comunque prima del decorso del termine di tre mesi di permanenza obbligatoria nel paese di origine, con divieto di rientro nell’area Schengen ed in particolare in Italia, procurandosi un secondo passaporto pulito, in quanto diverso rispetto a quello con cui avevano fatto rientro nel territorio moldavo; il costo per procurarsi questo secondo passaporto varia a seconda dell’urgenza da  100 a 250/300 euro; muniti quindi del secondo passaporto ove non risultano i timbri precedenti apposti dalle dogane, i cittadini moldavi vengono ritrasportati in Italia dai fratelli C., ma devono pagare un’ulteriore somma di denaro alla frontiera, pari a circa 100 euro, sempre a titolo di prezzo dell’accordo corruttivo finalizzato a “far chiudere un occhio” ai funzionari in servizio presso i posti di frontiera; trascorso un periodo temporale di almeno tre mesi in Italia con il secondo passaporto, sempre tramite i fratelli C., i cittadini moldavi rientrano in Moldavia (entro o oltre il termine trimestrale) e recuperano il primo passaporto, con cui quindi potranno rientrare in area Schengen liberamente, in quanto saranno ormai trascorsi i tre mesi di permanenza obbligatoria nel paese di origine.

Alla permanenza illegale sul territorio nazionale contribuisce anche la co-indagata di origine moldave, D.B., la quale gestisce in maniera incessante e costante l’attività di intermediazione illecita nel reclutamento e nell’impiego di manodopera di cittadini moldavi. La donna, infatti, in violazione del divieto di impiegare cittadini extracomunitari privi del permesso di soggiorno per motivi lavorativi, li recluta e li impiega presso terzi, svolgendo tale attività come se fosse una vera e propria agenzia di collocamento (illecita ovviamente), in maniera stabile ed incessante. Inoltre, B. si adoperava attivamente per favorire la permanenza sul territorio nazionale dei cittadini moldavi, i quali la contattano all’uopo non conoscendo le modalità di permanenza, di rientro in Moldavia e del successivo reingresso in Italia, fornendo loro tutte le indicazioni concrete ed i suggerimenti pratici per rimanere in Italia oltre il termine trimestrale previsto dal Testo Unico in caso di visto turistico o comunque di ingresso senza visto per motivi di lavoro (pagamento alla dogana, emissione del “passaporto bianco” previa falsa denuncia di smarrimento di quello detenuto) nonché per fare rientro in Italia immediatamente dopo il ritorno in Moldavia senza attendere il termine trimestrale di permanenza obbligatoria nel paese di origine prima di poter riaccedere in area Schengen.

Strettamente connesso al fenomeno dell’immigrazione clandestina è poi quello dello sfruttamento lavorativo con approfittamento dello stato di bisogno, in quanto l’ingresso e la permanenza illegali finalizzati proprio al reclutamento, all’impiego ed allo sfruttamento della manodopera dei cittadini moldavi. Come emerso dalle risultanze investigative il molo centrale in questa attività illecita viene svolto proprio da D.B., la quale opera sul territorio del basso Lazio e dell’alta Campania quale agente di collocamento di lavoratori moldavi, soprattutto donne che versano in stato di bisogno nel loro paese di origine, presso diversi soggetti, i quali si rivolgono stabilmente alla moldava per reclutare badanti o addette ai servizi casalinghi, al di fuori di ogni previsione normativa e contrattuale collettiva.

Per tale attività di reclutamento di manodopera e di intermediazione illecita la donna romena pretende il pagamento della somma pari a 300 euro per ogni lavoratore collocato. In particolare, le condizioni di sfruttamento dei lavoratori moldavi sono desumibili da: la reiterata corresponsione di retribuzioni in modo palesemente difforme rispetto alla contrattazione collettiva di categoria e comunque sproporzionato Spetto alla quantità del lavoro prestato, in particolare, l’indagata D.B. – per le badanti e le collaboratrici domestiche, pattuiva per loro conto uno stipendio mensile di importo variabile dagli 550/600 euro a 750/800 euro in modo palesemente difforme dalla disciplina contenuta nel contratto collettivo nazionale di categoria, che fissa il minimo retributivo nell’importo variabile dagli 857,94 e 972,33 euro e comunque sproporzionato alla quantità di lavoro richiesto e prestato; per i braccianti agricoli, pattuiva per loro conto uno stipendio mensile pari a 600 euro o una paga giornaliera dall’importo variabile compreso tra gli 25 euro (pari a meno di 2 euro all’ora) e i 30 euro (pari ad 3,75 all’ora), con possibilità di percepire la somma di 25 euro in caso di lavoro domenicale ovvero 5 euro per ogni ora straordinaria lavorata, in palese difformità rispetto alla disciplina contenuta nella contrattazione collettiva di categoria, per cui la retribuzione minima prevista è pari a 47,23 euro per ogni giorno lavorativo prestato (di durata pari a 6,30 ore) e con maggiorazione pari al 30% per il lavoro straordinario, per un importo orario, quindi, pari ad 7.50 euro e comunque sproporzionata alla quantità ed alla qualità di lavoro richiesto e prestato.

La reiterata violazione della normativa relativa all’orario di lavoro ed al riposo settimanale, in quanto i lavoratori reclutati venivano sistematicamente impiegati per intere giornate lavorative, anche per ore straordinarie rispetto all’orario ordinario, per orario notturno ed anche per giornate festive, senza che fosse praticata alcuna maggiorazione retributiva, fissata, dalla contrattazione collettiva per le badanti e le collaboratrici domestiche, in 54 ore settimanali e in 10 ore giornaliere non consecutive con riposo giornaliero di 11 ore consecutive e riposo settimanale di 36 ore, di cui 24 ore la domenica e 12 ore in altro giorno, e per i braccianti agricoli in 39 ore settimanali, pari a 6,30 ore giornaliere, con massimo dello straordinario in 3 ore giornaliere. La sottoposizione del lavoratore a condizioni di lavoro o a situazioni alloggiative degradanti, in quanto alcune lavoratrici domestiche rimanevano digiune, non provvedendo i datori di lavoro al loro vitto, altre erano costrette a subire avances di tipo sessuale dai predetti, mentre i lavoratori adibiti a braccianti agricoli in alcune occasioni erano costretti a vivere in baracche o in roulette di fortuna, in condizioni degradanti ed insalubri, dovute alla presenza di animali all’interno delle stesse ed alla penetrazione di acqua piovana dai soffitti.

Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, accogliendo la richiesta avanzata dalla Procura diretta da Anna Maria Troncone, ha anche emesso un decreto di sequestro preventivo a carico degli indagati, avente ad oggetto il profitto dei delitti dagli stessi commessi (pari a 107mila euro per i fratelli C. e a 16.200 euro per la B.), nonché di 8 veicoli utilizzati dai C. per il trasporto illegale dei cittadini moldavi in Italia. All’esecuzione delle misure cautelati personali e reali hanno contribuito, fornendo una preziosa collaborazione, la Procura Generale della Repubblica di Moldavia, con cui è stata attivata una proficua procedura di commissione rogatoria, nonché le autorità giudiziarie romene e ungheresi, interessate per il tramite di Eurojust dell’esecuzione di due ordini europei di indagine emessi da questa Procura, nonché da personale in servizio presso l’Interpol in Romania ed in Moldavia, con i quali la Procura sammaritana ha avuto una stretta e diretta collaborazione.

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