Circa 30 detenuti del “Reparto Nilo” del carcere di Santa Maria Capua Vetere (Caserta), dove il 6 aprile 2020 avvennero violenti pestaggi di reclusi da parte della Polizia Penitenziaria, sono stati trasferiti, in carceri campane come Carinola (Caserta) e Ariano Irpino (Avellino), e di altre regioni, a Modena, Civitavecchia, Perugia. Si tratta di detenuti vittime delle violenze, che non tutti hanno denunciato. La decisione è stata presa dal Dap d’intesa con la Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere e segue quella di sospendere 25 agenti che non erano stati attinti da misura cautelare, pur essendo indagati, e che sono rimasti a lavoro nel carcere casertano a contatto con le vittime dei pestaggi. – continua sotto –
Garante Caserta: “Decisione tardiva, danno per familiari” – “Per un anno denuncianti e denunciati sono stati faccia a faccia – sottolinea la garante dei detenuti di Caserta Emanuela Belcuore – e ora si prende questa decisione nel momento in cui gli agenti coinvolti nei pestaggi sono quasi tutti in carcere, ai domiciliari o sono stati sospesi. Ora non ha più senso, anzi avrebbe avuto senso spostare gli agenti. Capisco che la decisione sia stata presa per tutelare i detenuti, ma è un danno oggettivo per i loro familiari, che non possono più incontrare i propri congiunti in carcere e devono sobbarcarsi spese enormi e lunghi viaggi”. “Peraltro gli agenti del carcere di Santa Maria Capua Vetere sono sotto organico per cui i familiari hanno difficoltà a prenotare i colloqui”, conclude la Belcuore. Quando un detenuto pubblicò una foto su facebook delle lesioni patite, subito dopo il 6 aprile, fu il Garante regionale Samuele Ciambriello, grazie ai social e alla segnalazioni ricevute dai familiari dei detenuti, a inviare già l’otto aprile la prima denuncia alla Procura di Santa Maria Capua Vetere. – continua sotto –
Garante Campania: “Pm hanno immagini ancora più raccapriccianti” – “Le foto e le immagini viste sono solo una parte, quelle più raccapriccianti ce le ha solo la Procura”. Così il garante campano dei detenuti, Samuele Ciambriello, in conferenza stampa sui fatti di Santa Maria Capua Vetere. – continua sotto –
Gip: “Episodio non isolato ma costante” – Con tutta probabilità la violenza nel carcere casertano di Santa Maria Capua Vetere non fu “un mero incidente di percorso”, ma “una costante nel rapporto tra gli indagati e i detenuti”. A sottolinearlo è il gip Sergio Enea, nell’ordinanza di custodia cautelare con la quale, lo scorso 28 giugno, ha disposto arresti in carcere, ai domiciliari, obblighi di dimora e provvedimenti di interdizione nei confronti di 52 persone, tra agenti della Polizia Penitenziaria, comandanti e funzionari dell’Amministrazione Penitenziaria. Nella Parte III dell’ordinanza il giudice spiega che i provvedimenti erano necessari in quanto sussistenti “il pericolo di reiterazione del reato e di inquinamento delle prove”. La Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere, nel frattempo, ha presentato appello al Riesame contro la decisione del Gip di respingere alcune richieste di misure cautelari, come quella inflitta al provveditore regionale alle carceri Antonio Fullone, sospeso dal servizio perché accusato di depistaggio e favoreggiamento, per il quale erano stati chiesti i domiciliari. Il rapporto tra agenti e carcerati, fatto di violenza, è “inaccettabile” in uno Stato di Diritto, evidenzia Enea, rimasto particolarmente colpito dalla “assoluta naturalezza e mancanza di ogni forma di titubanza con cui gli indagati hanno sistematicamente malmenato le vittime”.
Lamorgese: “Non criminalizzare tutta la Polizia Penitenziaria” – “Le immagini sul carcere di Santa Maria Capua Vetere non avrei mai voluto vederle”. Così il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese intervenuta a Trentola Ducenta (Caserta) per l’inaugurazione della mostra fotografica “Diego Armando Maradona, il riscatto sociale attraverso lo sport”. “Su questa vicenda – aggiunge il ministro – le indagini della magistratura faranno il proprio corso, però bisogna anche dire che non possiamo criminalizzare un intero corpo della Polizia Penitenziaria sulla base di alcune persone” conclude la responsabile del Viminale.
Cartabia: “Vicende che meritano approfondimento” – “Sto seguendo con grande attenzione le vicende che meritano un approfondimento”. Lo ha detto la ministra Marta Cartabia durante un incontro al Palazzo di giustizia di Catania, riferendosi alle violenze avvenute nel carcere di Santa Maria Capua Vetere. “Mi chiedo – ha aggiunto – come sia possibile che siano accaduti fatti così gravi e di grande turbamento per tutti. Desidero rinnovare la mia vicinanza a tutto il personale delle carceri italiane. Il loro lavoro è tanto prezioso quanto difficile, quanto sottovalutato che questo clima sociale rende più difficile. Molto spesso – ha sottolineato la ministra – non guardiamo oltre le mura del carcere, ma dentro ci sono persone che svolgono un servizio essenziale per tutta la società e devono andare fieri sempre e portare con fierezza la divisa. Per questo la condanna deve essere ferma”. La ministra nei prossimi giorni incontrerà la polizia Penitenziaria e successivamente i provveditori.
Minacce agli agenti – Intanto, dopo lo striscione minaccioso trovato a Roma l’altro ieri, uno striscione e un manifesto dello stesso tenore sono apparsi questa volta a Cagliari. Sul manifesto, affisso su una delle colonne del porticato di via Roma a Cagliari, tra l’altro, si legge: “Non lasciamo soli i detenuti…isoliamo le guardie”. Sullo striscione, invece, trovato nel quartiere San Michele, si legge: “Da S. Maria Capua Vetere a Uta. Non esistono mele marce. Il carcere è una tortura”. Il provveditore reggente delle carceri della Campania Carmelo Cantone – inviato dal Dap per sostituire il provveditore Antonio Fullone, indagato per favoreggiamento e depistaggio nella vicenda – ha siglato il primo atto consigliando agli agenti di recarsi a lavoro in abiti civili e non con la divisa. Una decisione presa, secondo quanto si apprende, per tutelare i componenti del Corpo finiti al centro dell’attenzione dopo la “orribile mattanza” come l’ha definita il gip Sergio Enea, dell’aprile 2020. Sono, inoltre, moltissimi, denunciano in una nota congiunta il presidente del sindacato di Polizia Penitenziaria Uspp, Giuseppe Moretti, e il segretario regionale della Campania, Ciro Auricchio, “i messaggi deliranti contro gli agenti della polizia penitenziaria apparsi sui social, messaggi che non sembrano minacce trascurabili, e che stanno sollecitando l’allerta anche per il personale impegnato nelle scorte a testimonianza”. Sulla stessa falsariga Gennarino De Fazio, segretario della Uilpa Polizia Penitenziaria, secondo cui “si susseguono gli striscioni e i comunicati diffusi anche da frange eversive e inneggianti all’odio verso il Corpo di polizia penitenziaria e suoi singoli appartenenti. Il clima è sempre più pesante e pericoloso”.