Scarcerato mandante omicidio Don Diana: è malato terminale. Sorella sacerdote: “Doveva morire in carcere”

di Redazione

Esce dal carcere dopo 24 anni e viene sottoposto al regime dei domiciliari Nunzio De Falco, 71 anni, mandante dell’omicidio di don Peppe Diana, il sacerdote anticamorra di Casal di Principe ucciso nel 1994 nel giorno del suo onomastico. L’ex boss del clan dei casalesi è in gravi condizioni di salute, “malato terminale” come riferisce il quotidiano “Repubblica” che ha anticipato la notizia. Anche secondo quanto riportato dal Corriere della Sera “chi lo ha visto, parla di una persona che avrebbe, ormai, davanti solo poche ore di vita”. Condannato a due ergastoli, “o Lupo” (così era soprannominato), era detenuto dal 1997 e fino a pochi giorni fa si trovava nel carcere di massima sicurezza di Sassari ma il tribunale di sorveglianza ne ha autorizzato il rientro a casa, a Villa Literno, nel Casertano. – continua sotto – 

La sorella di Don Diana: “Doveva morire in carcere” – “Per quello che ha fatto, quell’uomo avrebbe dovuto morire in carcere. Io non ho potuto abbracciare mio fratello negli ultimi istanti, don Peppe non è morto circondato dall’affetto dei propri cari. Dunque nemmeno chi è stato condannato come mandante del suo omicidio dovrebbe avere questa possibilità”, ha detto a Repubblica la sorella di don Peppe, Marisa. – continua sotto – 

Fu anche mandante del killer di Mario Iovine – De Falco non solo fu solo il mandante del killer Giuseppe Quadrano (consegnatosi alla polizia e poi pentitosi), che uccise materialmente don Diana, ma anche dell’assassinio di Mario Iovine, braccio destro di Antonio Bardellino (fondatore del clan dei casalesi), che fu ammazzato in una cabina telefonica a Cascais, in Portogallo, il 6 marzo del 1991, per un regolamento di conti tra clan rivali. Arrestato nel 1997 in Spagna, dove si era rifugiato, De Falco stava quindi scontando due ergastoli per entrambi i delitti. Il fratello di Nunzio, Vincenzo, venne assassinato nel febbraio del 1991: fu il delitto che segnò l’ascesa al potere criminale nella provincia di Caserta degli Schiavone. – continua sotto – 

Comitato Don Diana e Libera: “Danno perpetuo per familiari” – Sconcerto viene manifestato dal Comitato Don Diana e da Libera, che in una nota congiunta scrivono: “La notizia degli arresti domiciliari concessi a Nunzio De Falco, mandante di omicidi tra cui quello di don Giuseppe Diana, sebbene rientri nelle misure di legge, resta per noi molto sconcertante. La sua scarcerazione nasce da specifiche regole ma risuona inevitabilmente come ingiustizia dinanzi alla memoria di don Diana e di tutte le vittime innocenti di camorra. Soprattutto perché non c’è stata nessuna confessione, alcun pentimento, né richiesta di perdono alla famiglia. A tutti devono essere assicurate le cure mediche e riteniamo che anche all’ assassino più efferato vada garantita una morte dignitosa, così come previsto dalla nostra Costituzione. E’ proprio per questo che riteniamo urgente e necessario che il sistema carcerario si doti di strutture e risorse in grado di gestire anche la fase terminale di detenuti con patologie gravi. Sapevamo e sappiamo che prima o poi i condannati scontano la loro pena ma temiamo che segnali come questo possano essere di incoraggiamento per coloro che vorrebbero rigettare il territorio nella paura della camorra. I familiari vivono un danno perpetuo. Continueremo ad essere al loro fianco e dalla loro parte, restando sempre vigili. Il Comitato don Peppe Diana e il coordinamento regionale di Libera sono vicini alla famiglia di don Peppe Diana e ad Augusto Di Meo, testimone oculare di quel barbaro assassinio”. – continua sotto – 

L’omicidio di Don Diana – Era il 19 marzo 1994, Don Diana, parroco della chiesa di san Nicola di Bari a Casal di Principe e docente di religione cattolica all’istituto tecnico industriale “Volta” e all’alberghiero di Aversa, nonché di materie letterarie al seminario “Caracciolo” della città normanna, fu ucciso con cinque colpi di pistola nella sacrestia, poco prima della celebrazione della santa messa. Per quel fatto di sangue che sconvolse l’Italia vennero comminati 3 ergastoli (a De Falco, Mario Santoro e Francesco Piacenti come coautori dell’omicidio) e una condanna con sconto di pena, a 14 anni, all’esecutore materiale e collaboratore di giustizia Quadrano.

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