La Guardia di Finanza di Sessa Aurunca (Caserta) ha eseguito un sequestro preventivo di beni del valore di circa 2 milioni di euro, disposto dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, nei confronti dell’imprenditore G.P., 46 anni, titolare di due aziende operanti nel settore del commercio on-line di prodotti per l’informatica e l’elettronica, ritenuto responsabile di un’ingente evasione fiscale ai danni dell’erario perpetrata attraverso il noto sistema delle “frodi carosello”. Questa volta, però, la scoperta del tradizionale meccanismo fraudolento è stata resa oltremodo complessa dalla peculiarità del mercato elettronico che, grazie all’utilizzo di apposite piattaforme digitali, consente di effettuare agevolmente l’interscambio di beni e servizi anche tra più operatori distanti tra loro, attraverso metodi di trasmissione telematica e l’utilizzo dei soli strumenti informatici.
Nel caso di specie, le indagini si sono concentrate su una particolare tipologia di commercio elettronico denominata “Dropshipping”, consistente in una triangolazione nella quale intervengono un fornitore (“dropshipper”), il rivenditore ed il cliente finale /acquirente. Proprio sfruttando questo sistema, l’imprenditore indagato era riuscito a interporre tra le proprie aziende e il dropshipper francese decine di società cartiere disseminate in tutta Italia le quali avevano l’unico scopo di acquistare sul mercato europeo prodotti per l’elettronica per poi rivenderli alle stesse aziende senza l’assolvimento di alcun obbligo tributario. Grazie a questa interposizione, le imprese indagate sono riuscite ad assicurarsi indebiti crediti d’imposta (altrimenti non ottenibili in base alla normativa intracomunitaria se avessero acquistato i prodotti direttamente dal fornitore francese) che venivano utilizzati in detrazione per abbattere il carico fiscale Iva derivante dalle vendite effettuate ai clienti finali.
Nel contempo, il relativo risparmio d’imposta ottenuto grazie al descritto meccanismo fraudolento (calcolato nell’ordine di circa 2 milioni di euro a fronte dell’utilizzo di fatture false per circa 9 milioni di euro) consentiva all’imprenditore di effettuare tali vendite a prezzi più convenienti rispetto a quelli di mercato, provocando così un’illecita distorsione della libera concorrenza ai danni degli operatori onesti.