Messina, arrestata la figlia del boss Sparacio che gestiva fittiziamente bar della movida

di Redazione

I finanzieri del comando provinciale di Messina stanno dando esecuzione ad una misura cautelare personale e reale nei confronti di Stefania Sparacio, 26 anni, figlia del noto boss messinese Salvatore Sparacio, 46 anni, con contestuale sequestro di due bar in centro cittadino, beni immobili e mobili per un valore stimato di oltre 1 milione di euro. – continua sotto – 

Nipote dello storico boss Luigi Sparacio, poi divenuto collaboratore di giustizia, Salvatore Sparacio è recentemente balzato agli onori della cronaca nell’ambito dell’operazione antimafia denominata “Provinciale” con la quale, tra l’altro, nel decorso mese di aprile 2021, veniva disarticolata l’operatività criminale del gruppo facente capo a lui ed ai suoi membri storici, Mario Alibrandi, 47 anni, Carlo Cafarella, 40, Letterio Cuscinà, 44, e Antonino Scavuzzo, 37, operante nel territorio del centro cittadino, presso il “Rione Ariella”, meglio conosciuto come “Fondo Pugliatti”. In tale ambito, le indagini dirette dalla Direzione distrettuale antimafia di Messina ed eseguite dagli specialisti del Gico della Guardia di Finanza peloritana avevano documentato come il gruppo mafioso investigato costituisse un importante riferimento cittadino per le scommesse illecite, tanto da spuntare commissioni del 40% sugli incassi delle scommesse, forte anche di consolidati rapporti con dirigenti maltese del settore, rilevando, altresì, anche pericolose connessioni con esponenti della politica locale. Che si trattasse di un importante clan mafioso, del resto, si acquisiva anche in occasione del funerale del padre di Salvatore Sparacio allorquando, ad aprile 2020, in pieno primo lockdown, destò scalpore la modalità per rendere omaggio al defunto, in violazione di tutte le norme anti Covid all’epoca vigenti.

Il provvedimento di custodia cautelare arriva a valle del recente riconoscimento, da parte del Tribunale del Riesame (peraltro non revocato dalla Suprema Corte di Cassazione adita dagli indagati), dell’esistenza ed autonoma operatività del clan mafioso facente capo a Salvatore Sparacio inizialmente ritenuto subordinato al clan facente capo a Giovanni Lo Duca, 51 anni. Nel merito, su appello della Dda di Messina, con specifico riferimento ai rapporti tra Salvatore Sparacio e Lo Duca, il Riesame affermava come non vi fosse sudditanza del primo nei confronti del secondo, bensì i loro rapporti fossero caratterizzati da un “rapporto di non belligeranza…in forza del quale il referente di un gruppo criminale interviene nei momenti di difficoltà attraversati dal gruppo concorrente…”, così disponendo l’aggravamento della misura cautelare nei confronti dei partecipi del clan Alibrandi e Scavuzzo, inizialmente posti ai domiciliari e poi associati, nel mese di settembre 2021, rispettivamente, alla casa Circondariale di Messina e Caltanissetta. Nella medesima direzione, la circostanza come il gruppo facente capo a Salvatore Sparacio appoggiasse, nelle elezioni del 2018, candidati diversi da quelli appoggiati dal gruppo mafioso facente capo a Lo Duca: gruppi mafiosi autonomi, dotati di autonomo spessore e carisma criminale, come tali riconosciuti dalle altre consorterie e dalla comunità. – continua sotto – 

Le misure cautelari di oggi, invece, sempre disposte dal competente gip del Tribunale di Messina, su richiesta della Procura distrettuale antimafia peloritana, vedono indagata e destinataria degli arresti domiciliari Stefania Sparacio (da ritenere innocente fino a sentenza passata in giudicato), per intestazione fittizia di realtà societarie, beni immobili ed autovetture, in realtà riferibili occultamente al padre. Più in particolare, secondo ipotesi d’accusa, comunque basate su imputazioni provvisorie e che dovranno trovare conferma in dibattimento e nei successivi gradi di giudizio, proprio al fine di eludere le disposizioni in materia di misure patrimoniali previste dal Codice Antimafia, ovvero di agevolare la commissione di altri delitti, quali ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, la donna avrebbe assunto fittiziamente la titolarità di tali attività commerciali, ubicate nel centralissimo corso Cavour di Messina e note per essere meta preferita della movida giovanile.

Nel corso delle indagini tecniche nel tempo effettuate è emerso, infatti, come il padre prendesse decisioni autonome, senza minimamente interpellare la figlia, solo formale titolare, come nel caso in cui rimproverava telefonicamente il sodale Alibrandi addirittura per aver fatto rispondere al telefono il banconista, disponendo anche di licenziarlo: “Ma quello che ca…risponde a telefono, lui si deve stare dietro al banco… va e rimproveralo.…non deve rispondere lui al telefono…cos’è questo bordellino….lunedì se ne deve andare…troppo babbo è”. Ancora, parimenti, emergeva come al boss Salvatore Sparacio fosse rimessa anche la gestione economica degli esercizi di ristorazione oggi sottoposti a sequestro: “… gli dobbiamo dare una stretta alle spese…… sono due giorni che faccio spese in continuazione e non va…”.

Tali convergenti elementi indiziari, uniti ad una analitica ricostruzione delle disponibilità patrimoniali acquisite nell’ultimo ventennio dal boss Salvatore Sparacio e dai componenti del suo nucleo familiare – finalizzato a verificare la compatibilità delle disponibilità patrimoniali rispetto alle lecite capacità reddituali dichiarate – e che restituivano un quadro di evidente sperequazione tra gli incrementi patrimoniali rispetto al reddito legittimamente prodotto, consentivano al competente Giudice di disporre l’odierno provvedimento. In tal senso, quindi, venivano condivise le richieste formulate dalla Procura della Repubblica di Messina, ritenendo la donna un mero “schermo” del padre, consapevole del rischio di incorrere in provvedimenti di sequestro in relazione alla sua caratura criminale. Più in particolare, il provvedimento di sequestro oggi eseguito dalle Fiamme Gialle ha avuto ad oggetto, oltre ai due bar, anche una quota pari al 25% di una s.r.l.s., con sede a Messina ed operante del settore della consulenza pubblicitaria, 2 fabbricati pure siti a Messina, un autoveicolo e denaro contante pari a 15mila euro il tutto per un valore complessivo di stima pari a 1,1 milioni di euro.

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