Il giudice per le indagini preliminari Valentina Gallo ha convalidato il fermo, emesso sabato scorso dalla Procura di Napoli, nei confronti di Mariano Cannio, 38 anni, accusato dell’omicidio del piccolo Samuele, il bimbo di 4 anni precipitato nel vuoto da un balcone, venerdì scorso, in via Foria, nel capoluogo campano. Nel corso dell’udienza di convalida, stamani, l’uomo ha reso parziali ammissioni riguardo all’accaduto. – continua sotto –
“L’ho preso in braccio, poi lasciato cadere, poi una pizza” – “Ad un tratto l’ho preso in braccio e sono uscito fuori al balcone”, “giunto all’esterno con il bambino tra le braccia mi sono sporto e ho lasciato cadere il piccolo”, “ho immediatamente udito delle urla provenire dal basso e mi sono spaventato consapevole di essere la causa di quello che stava accadendo…”. “Sono fuggito a casa e sono andato a mangiare una pizza nella Sanità. Poi ho fatto ritorno a casa, mi sono steso sul letto e ho iniziato a pensare a quello che era accaduto. Dopo sono sceso e sono andato in un bar di via Duomo e ho preso un cappuccino e un cornetto”. Queste le prime parziali ammissioni di Cannio.
Poi cambia versione: “Ho avuto un capogiro” – Successivamente, nelle dichiarazioni che ha reso venerdì sera alla presenza del suo difensore d’ufficio, Cannio ha cambiato leggermente versione e ha detto di avere avuto un capogiro prima di lasciar cadere Samuele nel vuoto: “Fuori al balcone, avendo sempre il piccolo in braccio, e appena uscito in prossimità della ringhiera, ho avuto un capogiro. Mi sono affacciato dal balcone mentre avevo il bambino in braccio perché udivo delle voci provenire da sotto a questo punto lasciavo cadere il bambino di sotto”.
La famiglia di Samuele non sapeva dei problemi psichici – Cannio ha confermato i suoi problemi psichici ma ha anche aggiunto che la famiglia di Samuele, che lo aveva assunto come collaboratore domestico, non era stata informata. “Attualmente sono in cura al centro di igiene mentale in via Santa Maria Antesecula (Sanità), e vengo seguito da un dottore che mi ha riferito che sono affetto da schizofrenia”, ha detto ai magistrati aggiungendo: “Non ho detto alla famiglia Gargiulo che ero in cura presso il centro di igiene mentale tantomeno che soffrivo di schizofrenia”. – continua sotto –
Parziali ammissioni – “Non intendo riferire dettagli sulle dichiarazioni rese dall’assistito”, “sono coinvolte famiglie che stanno soffrendo” e “non intendiamo speculare su questa triste vicenda”. Lo ha dichiarato in mattinata l’avvocato Mariassunta Zotti che ha assunto la difesa di Cannio, rispondendo così ai giornalisti che la attendevano davanti al carcere di Poggioreale dove il 38enne è recluso da sabato scorso. Da quanto si apprende, Cannio avrebbe fatto parziali ammissioni circa l’accaduto e ora appare verosimile che, all’esito della convalida, le parti chiedano un incidente probatorio finalizzato a verificare se il 38enne fosse capace di intendere al momento del fatto e se sia da considerare una persona socialmente pericolosa. Qualora venga accettato il contraddittorio sulla non imputabilità e sulla pericolosità sociale, potrebbe essere applicata la misura della sicurezza personale.
Discendenza importante ma vita difficile – La gente del quartiere si chiede se davvero Cannio, quel domestico, quel “tuttofare” a cui tante famiglie di Forcella e della Sanità si affidavano, tanto da avere le chiavi di diversi appartamenti, sia un uomo capace di commettere un delitto così grave. Sembra che il 38enne fosse in cura da tempo in un centro di igiene mentale, seguito da specialisti per i gravi disturbi da cui è affetto. E’ discendente di Enrico Cannio, un importante direttore d’orchestra che nel 1915 musicò la famosissima “‘o Surdato Nnammurato” su testo di Aniello Califano. Quel ramo di famiglia da cui discende Mariano, però, non ebbe molta fortuna: il padre, anch’egli domestico, finì coinvolto in un’inchiesta su un traffico di droga gestito dal clan Giuliano, per poi diventare un apprezzato scultore in carcere. Mariano, quindi, fu allevato in altre famiglie a loro volta con problemi. Da qui, forse, deriverebbero i suoi problemi psichici.
Su luogo tragedia fiori bianchi e peluche – Intanto, il marciapiede in via Foria dove ha perso la vita il piccolo Samuele è diventato un vero e proprio tappeto di fiori bianchi e peluche. Al centro una foto in cui il piccolo sorride e indossa la maglia del Napoli. Attaccati al muro anche dei palloncini bianchi. E il via vai di chi vuole lasciare un proprio segno di vicinanza alla famiglia non si ferma mai. A presidiare l’altare dedicato al bimbo alcune persone del posto. Tanta la rabbia della gente per i video che sono stati diffusi in questi giorni sui social. “È una tragedia – sbotta una donna – questa gente non ha cuore, ma non pensano al dolore della madre. È uno schifo, non c’è un minimo di umanità e di vergogna. Vorrei vedere se fosse stato il figlio loro”. Rabbia che si manifesta quando un passante si ferma, tira fuori il cellulare e inizia a filmare l’altarino e viene subito ‘invitato’ a fermarsi e cancellare le immagini filmate. In strada c’è attesa per la decisione del giudice rispetto alla convalida del fermo dell’uomo indiziato per la morte del piccolo ma nessuno si esprime.