Gricignano (Caserta) – Gran parte dei terreni che nel preliminare del Puc sono passati da “verde agricolo” a “zona residenziale” apparterrebbero ai membri della giunta comunale o a loro parenti o affini entro il quarto grado. A sostenerlo è l’associazione “Aria Pulita” che, insieme ad alcuni cittadini di Gricignano, tutti rappresentati e difesi dall’avvocato Benito Aleni, ha presentato ricorso al Tar Campania contro il Comune di Gricignano chiedendo l’annullamento della delibera con cui l’esecutivo, lo scorso 18 settembre, ha adottato il nuovo Piano urbanistico comunale, nonché l’annullamento di tutti gli atti connessi. A seguire proponiamo un’ampia sintesi del ricorso. Chi intendesse approfondire può scaricare il documento integrale cliccando su questo link: pupia.tv/Ricorso-Tar-Puc-Gricignano – continua sotto –
“Con l’adozione del preliminare del Puc – si legge nel ricorso – la Giunta municipale ha previsto la trasformazione di una vasta zona di circa 65mila metri quadrati, destinata a verde agricolo dal vigente Prg, a zona residenziale (zona C)”. Aria Pulita denuncia che “dall’adozione del preliminare del Puc discende un concreto pregiudizio per la prevista cementificazione sia all’ambiente inteso in senso lato, sia al patrimonio archeologico, essendo l’intera area sottoposta alla relativa tutela. L’adozione del Puc lede anche gli interessi degli altri ricorrenti, dei quali alcuni sono proprietari frontisti dell’area prevista come residenziale, ma i cui lotti, nonostante siano omogenei a quelli resi residenziali, sono stati nuovamente vincolati a Standard di progetto o con destinazione per attrezzature per lo sport, spettacolo; altri sono proprietari di lotti posti a cuscinetto tra due aree classificate B1 e B2, ma classificati come zona C e di fatto resi inedificabili”. “Da qui – si legge ancora nel ricorso – l’evidente illogicità delle scelte pianificatorie e violazione dei principi di perequazione urbanistica. In particolare, risultano violate le disposizioni che regolano il procedimento di formazione della proposta di Puc e quelle dettate per il procedimento relativo alla Vas”.
CONFLITTI DI INTERESSE – Fatte queste premesse, i ricorrenti vanno nel dettaglio delle motivazioni della richiesta di annullamento. A cominciare dai presunti conflitti di interesse. A tal proposito viene evidenziato “l’obbligo di astensione per incompatibilità per i soggetti membri di organi collegiali dal prendere parte alla discussione ed alla votazione di delibere per il solo fatto che essi siano portatori di interessi personali o di loro parenti o affini sino al quarto grado. L’obbligo di astensione non si applica ai provvedimenti normativi o di carattere generale, quali i piani urbanistici, se non nei casi in cui sussista una correlazione immediata e diretta fra il contenuto della deliberazione e specifici interessi dell’amministratore o parenti ed affini sino al quarto grado”. Risulta ai ricorrenti “che tutti gli assessori presenti, nessuno escluso, sono in posizione di conflitto di interesse con l’ente in quanto la proprietà dei suoli ricadenti nell’adottato Puc è personale o di parenti e affini entro il quarto grado e, ciò nonostante, non si sono astenuti. Nel ricorso si sostiene che: il sindaco Vincenzo Santagata “è in posizione di incompatibilità” in quanto due particelle sono di proprietà della madre, altre del padre, altre in proprietà comune tra i genitori, moglie e sorella”. “Analoga posizione di incompatibilità è quella dell’assessore Giuseppe Diretto, socio ed amministratore unico della Sa.Fi. srl, la proprietaria di terreni tutti ricadenti nel Puc adottato. L’assessore Filomena Iuliano è comproprietaria, con il marito, di una particella. L’assessore Andrea Barbato è cugino di primo grado di tre proprietari di lotti”. Dunque, per i ricorrenti “la posizione di conflitto di interessi dei componenti l’intera Giunta che ha adottato il Puc determina la caducazione dell’intero piano o, quanto meno, delle parti concernenti i suoli interessati dall’obbligo di astensione violato”.
“NOMINA ILLEGITTIMA DEL TECNICO” – Viene poi sottolineata l’illegittimità della nomina del dirigente dell’Area Lavori Pubblici e Urbanistica avvenuta il 20 gennaio 2021. Il tecnico, un architetto, estraneo all’amministrazione, ha espletato le funzioni di responsabile del procedimento di adozione del Puc, nonostante la nullità del contratto di conferimento dell’incarico. “Il Comune di Gricignano – spiegano i ricorrenti – è un ente in condizioni strutturalmente deficitario per gravi ed incontrovertibili condizioni di squilibrio e, pertanto, è soggetto al controllo centrale sulle dotazioni organiche e sulle assunzioni del personale da parte della Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali. Per tale motivo, il Comune non avrebbe potuto procedere ad alcuna assunzione”. A questo si aggiunge che “alla data del conferimento dell’incarico l’ente comunale era a conoscenza della illegittimità del predetto conferimento, essendo stato destinatario della nota da parte del Ministero dell’Interno con la quale gli comunicava che, in quanto ente strutturalmente deficitario…il contratto stipulato a tempo determinato è risolto di diritto ai sensi del Tuel”. “Lo stesso Ministero ha chiesto chiarimenti all’ente per avere inspiegabilmente protocollato la sua precedente nota soltanto in data 13.4.2021; a tale richiesta fa seguito la delibera di Giunta municipale del 2.9.2021 con la quale l’ente si limita a dichiarare di aver ‘preso atto della nota del Ministero dell’Interno…ponendo in essere gli atti consequenziali con decorrenza immediata’, laddove avrebbe dovuto dichiarare la nullità della nomina del Rup, essendo stato conferito l’incarico in violazione di norma imperativa”. “L’ingiustificato comportamento omissivo del Comune – sottolineano – ha, dunque, consentito al nominato Rup di operare illegittimamente anche successivamente alla data del 12.4.21 in cui è stata protocollata la nota del ministero risalente al 15.1.21, ossia dopo che ha avuto piena conoscenza della illegittimità della nomina”. “Ne consegue che tutti gli atti di competenza e redatti dal Rup sono nulli (come la verifica dell’eventuale esclusione del piano dalla Vas; la verifica della coerenza del piano alla Vas e ai piani sovraordinati, il rapporto preliminare di assoggettabilità a Vas con una descrizione del piano, eccetera), il che rende illegittima la delibera impugnata per illegittimità derivata”. – continua sotto –
“ANCHE NOMINA RESPONSABILE VAS ILLEGITTIMA” – Altro punto é l’individuazione di un dipendente comunale quale autorità competente alla Vas (Valutazione ambientale strategica), avvenuta, secondo i ricorrenti, senza che lo stesso avesse titoli e qualifiche in campo ambientale e “solo in data 15 giugno 2020, ossia molto posteriore alla approvazione del rapporto preliminare ambientale con delibera di giunta del 25 maggio 2018”. Inoltre, il responsabile della Vas “non ha espresso il proprio parere sulla assoggettabilità delle proposte di piano alla valutazione ambientale strategica; non ha definito, unitamente all’autorità proponente, le forme ed i soggetti della consultazione pubblica, l’impostazione ed i contenuti del rapporto ambientale e le modalità di monitoraggio; non ha espresso un proprio parere motivato sulla proposta di piano e sul rapporto ambientale né sull’adeguatezza del piano di monitoraggio e con riferimento alla sussistenza delle risorse finanziarie”. Da qui “l’annullabilità, per violazione di legge, di tutti i provvedimenti amministrativi di approvazione dei piani e/o programmi senza la preventiva valutazione da parte dell’autorità ambientale competente”.
VALUTAZIONE ARCHEOLOGICA – Nella delibera di adozione del Puc impugnata si attesta che ‘in merito alla redazione della Viarc (documento di valutazione archeologica preventiva, ndr.) si rimanda la sua approvazione con successivo atto, in quanto la zona interessata dall’indagine archeologica al momento è in fase vegetativa e pertanto non praticabile’. “La delibera è illegittima – scrivono i ricorrenti – perché la verifica archeologica, per disposto di legge, è preventiva all’approvazione di qualsiasi progetto da eseguirsi in area vincolata, come nel caso di specie, ovvero di adozione di uno strumento urbanistico, dovendosi verificare e valutare già in fase preparatoria se le scelte inerenti le nuove Zto (Zona territoriale omogenea) siano compatibili o meno con il vincolo archeologico e con quanto eventualmente indicato dalla Soprintendenza. Ciò comporta che la Viarc non può essere eseguita in concomitanza dell’approvazione del piano”.
“ERRATO CALCOLO DEGLI ALLOGGI” – “Nella Relazione del Puc è previsto un numero di alloggi superiore a quelli previsti nel Ptcp (Piano territoriale di coordinamento provinciale, ndr.), passando da 1452 a 2188 alloggi in pieno contrasto con quanto previsto dalle Nta (Norme tecniche di attuazione, ndr.) del Ptcp”. Una situazione che determina una “volumetria aggiuntiva che consente alloggi inizialmente non previsti e non conformi al Ptcp”. – continua sotto –
“MANCATA FASCIA DI RISPETTO CON CIMITERO DI CESA” – “Nella Relazione generale del Puc non è prevista la fascia di rispetto del cimitero di Cesa, sito in continuità con il territorio del comune di Gricignano di Aversa e, più precisamente, con le aree destinate a zona C (zona residenziale di completamento parzialmente edificata a vocazione commerciale e terziaria, e zona periferica parzialmente edificata a vocazione commerciale terziaria). La mancata indicazione della fascia di rispetto rende illegittima la scelta pianificatoria perché la fascia di rispetto cimiteriale di 200 metri (previsti dalla normativa, ndr.) si pone alla stregua di un vincolo assoluto di inedificabilità, non essendo consentita l’allocazione di edifici che di opere incompatibili con il predetto vincolo”.
“MANCATA PARTECIPAZIONE” – Altra contestazione riguarda la consultazione delle organizzazioni sociali, culturali, economico-professionali, sindacali ed ambientaliste. Secondo i ricorrenti “la fase di partecipazione al preliminare di Puc è stata completamente disattesa…e che la stessa delibera di adozione del piano si basa su una falsa rappresentazione della realtà non essendo mai state attuate le forme partecipative e consultive”. “L’attestazione riportata in delibera – continuano i ricorrenti – che negli anni che vanno dal 2018 al 2021 e quella riportata nella Relazione Generale che si sarebbero svolte molte assemblee pubbliche sono completamente destituite di fondamento, tant’e che non viene allegata agli atti del procedimento di piano alcun documento che si siano svolti detti incontri in assemblee pubbliche ovvero con le predette organizzazioni; inoltre, gli anni dichiarati in cui si sarebbero svolti detti incontri non combaciano con l’avvio della fase di partecipazione che si ha con la delibera del 18/01/2020 di presa d’atto del preliminare di piano. Inoltre, essendo stato revocato il precedente preliminare di piano (quello approvato nel 2018 dall’allora amministrazione Moretti, ndr.) la eventuale relativa fase di partecipazione – che, comunque, non c’è stata – non potrebbe mai essere utilizzata ai fini del piano adottato”.