Assolti con formula piena tutti i 14 medici imputati per la morte di Francesca Oliva, la 29enne di Gricignano deceduta sette anni fa, nel maggio 2014, insieme a due dei tre gemellini che portava in grembo, durante il parto avvenuto nella clinica “Pineta Grande” di Castel Volturno. – continua sotto –
Il giudice della Prima Sezione Penale del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, Roberta Carotenuto, ha assolto, per non aver commesso il fatto, dall’accusa di omicidio colposo i medici della Pineta Grande Stefano Addeo, Renato Brembo e Giuseppe Delle Donne e i medici dell’ospedale di Giugliano (Napoli) Gerardo Buonanno, Vincenzo Cacciapuoti, Gerardo Cardone, Giuseppe Ciccarelli, Giovanni De Carlo, Antonio Della Gala, Pasquale Favale, Pietro Granata, Giuliano Grasso, Crescenzo Pezone ed Antonio Russo.
Al termine della requisitoria, il pm Gerardina Cozzolino aveva chiesto 4 anni di reclusione per Addeo e Delle Donne e 2 anni per i medici dell’ospedale di Giugliano. Per Brembo, invece, era stata chiesta l’assoluzione, a cui si era associata la parte civile rappresentata dall’avvocato Raffaele Costanzo, chiedendo comunque il riconoscimento dei danni. Alla fine, il giudice ha accolto la tesi del collegio difensivo (avvocati Claudio Sgambato, Paolo Maria Di Napoli, Alfredo Plini, Giovanni Abate, Lorenzo Magnarelli) supportata dalla perizia medico-legale che ha indicato come unico responsabile un altro medico, nel frattempo deceduto. La battaglia legale prosegue comunque in sede civile davanti al giudice monocratico di Santa Maria Capua Vetere, dottoressa Schiattarella.
Francesca Oliva morì per setticemia il 24 maggio 2014. Nel suo grembo c’erano tre gemelli. Solo uno, una femmina, riuscì a sopravvivere. Seguita durante la gravidanza dal ginecologo Sabatino Russo (nel frattempo deceduto prima del rinvio a giudizio, ndr.), la ragazza era stata ricoverata prima all’ospedale di Giugliano (prima dall’8 al 14 maggio, tornandovi il 19 ma venendo subito dimessa dallo stesso Sabatino) e poi alla clinica di Castel Volturno il 22 maggio. Dopo le minacce di aborto, il suo medico, il 7 maggio, le aveva praticato un cerchiaggio cervicale a fronte della presenza di una significativa leucocitosi con neutrofilia del 77 per cento, emersa dagli esami del sangue. Era in atto una contaminazione batterica. Qualche giorno dopo, uno dei suoi tre bambini, il maschietto, morì. Nessuno, però, se ne accorse, nonostante l’ecografia eseguita. Con l’aggravarsi delle sue condizioni, il 22 maggio venne trasferita d’urgenza alla clinica Pineta Grande. La febbre altissima venne curata con antibiotici ritenuti inidonei. Il 23 maggio si decise, infine, di operare il cesareo, per far nascere i bambini alla venticinquesima settimana di gestazione. Il maschietto era già morto, mentre una delle due femmine, Giorgia, superata la fase del parto, morì dopo 24 ore per scarsa maturità dell’apparato respiratorio. L’unica sopravvissuta fu una bambina, Maria Francesca, trasferita all’ospedale “Santobono” di Napoli e salvata dai medici di quella struttura.