A Sant’Arpino (Caserta), nella seicentesca e suggestiva cornice del Palazzo Ducale “Sanchez de Luna”, domenica 5 dicembre, a partire dalle ore 10.30, si terrà la prima presentazione de “Il Tenente, tra fantasia, leggenda e realtà”, libro d’esordio del santarpinese Pasquale Cominale. – continua sotto –
Il racconto si ispira alla figura del messinese Giuseppe Macrì, garibaldino, Tenente del Regio Esercito, benefattore di Sant’Arpino. Una figura complessa e intrigante, di profonda cultura, massone, amante dell’esoterismo, caritatevole. Al seguito di Garibaldi, giovanissimo, per l’Unità e la Libertà, partecipò alla battaglia del Volturno. In tale circostanza, il Macrì, di stanza ad Aversa, visitò Sant’Arpino rimanendo colpito dal maestoso Palazzo Ducale che versava in uno stato di abbandono e degrado. A conclusione della sua carriera militare, nel 1903, tornò a Sant’Arpino per acquistare il palazzo dimorandovi fino alla sua morte (1932).
Con precise disposizioni testamentarie lasciò tutto il suo immenso patrimonio, compreso l’imponente Palazzo Ducale, ai poveri di Sant’Arpino. Grazie alla sua immensa generosità e quindi al suo “rivoluzionario” atto di donazione, il Palazzo Ducale è divenuto il bene comune più prezioso della comunità santarpinese, fulcro del suo progresso civile e culturale, centro propulsore della vita sociale e istituzionale. Cominale, con il suo libro, ha deciso – lodevolmente! – di dare nuova e verdeggiante linfa al tenente scrivendo – come nessuno aveva fatto sinora – il romanzo della sua vita, una inedita e stimolante narrazione, tanto umana quanto pulsante e coinvolgente.
Domenica, dunque, la presentazione che è promosso dalle associazioni “Nostra Signora di Fatima – Opera di Padre Pio” e “Causa Sui” col patrocinio del Comune di Sant’Arpino. Il programma della mattinata, dopo i saluti del sindaco di Sant’Arpino Ernesto Di Mattia, dell’assessore del Comune di Messina Salvatore Mondello (che su delega del sindaco Cateno De Luca farà un intervento in videoconferenza), e dell’assessore alla Cultura Giovanni Maisto, prevede gli interventi di Carmela Barbato, docente e operatrice culturale, Giuseppe Limone, poeta e filosofo, e Fiorenzo Marino, giornalista e scrittore. Coordinerà l’evento il giornalista Elpidio Iorio. – continua sotto –
Le riflessioni dei partecipanti saranno inframezzate dalle letture teatrali a cura della compagnia “SudAtella” (nelle persone di Susy Ronga, Luisa Pitocchelli, Angela Bottigliero, Ernesto Di Serio) e dell’attore Pio Del Prete. L’evento sarà trasmesso in diretta streaming sulla pagina Facebook del Comune di Sant’Arpino ed è organizzato nel pieno rispetto delle norme anti-Covid.
“Pasquale Cominale si cimenta in forma narrativa con una storia e con un mito. – ha scritto nella prefazione al volume il professor Giuseppe Limone – Egli affronta un itinerario che è, al tempo stesso, una tradizione, un laboratorio e un mistero. Non inventa: scopre nell’accaduto il possibile. Non fantastica: cerca nei vissuti degli umani presenti le orme che vi furono lasciate. Non si isola dal mondo: segue, contorna e ritaglia le sue figure all’interno di fatti storici rigorosamente documentabili (perfino con testamenti e contratti). Questa storia non si sarebbe potuta scrivere se non si fossero interrogati, al tempo stesso, avvenimenti di ieri, vissuti di oggi, cumuli di documenti e ricerche, un lontanissimo mito, tante credenze, un antico e umile cuore. Tutta la sequenza dei fatti raccontati diventa, così, nelle mani dell’autore, un impasto soffice e leggero come un pan di Spagna: proprio come quel ‘pan di Spagna’ che torna – come elemento immaginario e attrattore – a far da lievito alle conversazioni fra il Tenente e Filomena. Ciò che il pandispagna è per le persone in scena, ossia rimedio alla sofferenza e toccasana per la vita, è – per l’autore – il piacere stilistico e narrativo con cui egli alimenta e si fa alimentare dalle anime evocate. La scrittura, come un cibo malleabile e compiacente, può essere invisibile e inconfessata terapia, e contemporaneamente autoterapia”.
“Con pochi colpi di scalpello, così, dal marmo dei fatti emergono interiorità. – ha aggiunto Limone – Giuseppe Macrì e Filomena del Tenente sporgono dal passato, accampandosi fra noi e chiedendoci complicità. Le loro conversazioni si intrecciano, il loro mondo si anima, tralucono da un fondo oscuro le loro piccole vite. Parlano a noi, presentandosi come interiorità mai trapassate. Sono due personaggi in cerca d’autore; anzi meglio: due persone che si sforzano di esistere ancora fra noi”.