A seguito di un’articolata attività di indagine coordinata dai magistrati della Procura della Repubblica di Benevento, i finanzieri militari del Nucleo di Polizia economico finanziaria e del comando provinciale Finanza di Benevento hanno dato esecuzione ad un’ordinanza applicativa della misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di 4 persone raggiunte da gravi indizi di colpevolezza in ordine ai reati di corruzione, turbata libertà degli incanti, emissione di fatture per operazioni inesistenti ed illeciti in materia di responsabilità amministrativa da reato delle società e degli enti. – continua sotto –
Il provvedimento cautelare, emesso dal Tribunale di Benevento su richiesta della Procura sannita, è stato disposto nei confronti di un imprenditore della provincia di Benevento, amministratore di fatto di società gestite formalmente anche da altri membri della propria famiglia, con sede nel medesimo territorio, operanti prevalentemente nel settore della costruzione e/o manutenzione di infrastrutture stradali, e di altri 3 soggetti estranei al territorio. E’ stato, inoltre, disposto il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca, anche per equivalente, di somme di denaro sino alla concorrenza di complessivi 64.128 euro, costituenti parte del prezzo illecito promesso e importo finora oggetto di effettiva consegna.
Le indagini, durate oltre un anno, consentivano dapprima di acquisire gravi indizi in ordine ad una dazione corruttiva e proseguivano mediante ulteriore attività tecnica nei confronti di esponenti del citato gruppo imprenditoriale, al fine di acquisire ulteriori elementi in ordine alla prosecuzione dell’attività corruttiva e all’inserimento della stessa in un più ampio programma criminoso avente ad oggetto accordi illeciti estesi e/o ramificati, conclusi e/o da concludere in fase di aggiudicazione delle procedure di gara.
In particolare, lo sviluppo delle investigazioni, consistite in plurime attività tecniche (intercettazioni telefoniche, ambientali, localizzazioni) a cui venivano affiancati tradizionali servizi di o.c.p., supportate da acquisizioni ed esami documentali unitamente a numerosi accertamenti economico finanziari (per lo più bancari), consentiva progressivamente di acquisire gravi indizi di colpevolezza in ordine ad un chiaro episodio di corruzione e turbata libertà degli incanti volto a pilotare l’assegnazione della gara d’appalto bandita da Autostrade per l’Italia per le tratte autostradali della DT6 di Cassino – Lotto 7 – per un valore di 76 milioni e mezzo di euro (luogo di esecuzione Puglia, Campania, Lazio), per la cui aggiudicazione era stata prevista la procedura “aperta”, ai sensi de Codice degli appalti, per la stipula di un Accordo Quadro per ciascun Lotto di Gara. Il lotto sarebbe stato aggiudicato con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo, secondo criteri e parametri di cui al disciplinare di gara, congruità da valutare secondo la normativa. – continua sotto –
L’accordo, della durata iniziale di 24 mesi (avente ad oggetto interventi di manutenzione delle pavimentazioni della piattaforma autostradale, degli svincoli, delle aree di servizio e di parcheggio e di pertinenze lungo le tratte autostradali e di tutte le aree, opere, impianti ed installazioni facenti parte del patrimonio autostradale o ad esso complementari), prevedeva la rinnovabilità per ulteriori 24 mesi. Alla citata gara partecipavano solo due concorrenti, nello specifico un consorzio con sede in Napoli – la cui offerta tecnico-economica era stata ritenuta la più vantaggiosa all’esito delle procedure di valutazione esperite dalla Commissione nominata dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti – ed il Raggruppamento Temporaneo di Imprese con mandataria la società beneventana.
Le investigazioni consentivano di acquisire gravi indizi in ordine a come l’assegnazione dell’appalto sia avvenuta a seguito dell’intervento di vari soggetti intermediari che si sono frapposti tra il privato corruttore e l’incaricato di pubblico servizio deputato alla selezione del concorrente a cui assegnare la gara. Il tutto dietro promessa di ricevere, una somma di denaro di 360mila euro, importo pari allo 0.5% circa dell’importo complessivo a base d’asta dei lavori.
Durante il prosieguo delle indagini si rilevava che l’accordo si era delineato in tal senso, dissimulando il prezzo della corruzione come segue: l’imprenditore beneventano avrebbe pagato subito una somma di 60mila euro (formalmente imputata ad una fattura – per operazioni inesistenti – inerente l’assistenza legale – solo in minima parte effettivamente resa -) a titolo di prima tranche sull’importo complessivo oggetto di corruzione. Tale circostanza veniva poi confermata da mirati accertamenti bancari eseguiti al riguardo, che hanno confermato l’avvenuto pagamento – in data 1 marzo 2021 – della somma di 64.128 euro a mezzo bonifico bancario su un conto corrente. La somma residua, pari a 300mila euro sarebbe invece stata pagata -sempre secondo quanto desumibile dagli elementi allo stato acquisiti – in almeno due occasioni (rispettivamente 3 mesi e 6 mesi dopo l’aggiudicazione definitiva) e sarebbe stata dissimulata dalla stipula di un contratto di assistenza legale. Eseguite anche numerose perquisizioni nei confronti dei rappresentanti legali/gestori di fatto nonché presso le sedi delle società facenti parte del Rti aggiudicatario dell’appalto pilotato. IN ALTO IL VIDEO