Quel ‘like’ su un post Facebook di un suo conoscente che inneggiava ad Adolf Hitler e ai forni crematori, anche se cancellato poco dopo, “denota oggettivamente imprudenza, imperizia e negligenza”, e costituisce una “palese violazione delle norme di comportamento, sia generali che specificamente riferite all’uso dei social network, che devono essere rigorosamente rispettate dagli appartenenti alla Polizia di Stato“. Senza contare che “il fatto in questione ha avuto un risalto mediatico a livello nazionale negli ambienti della Polizia, con conseguente palese e grave nocumento per l’immagine e il prestigio dell’istituzione”. – continua sotto –
Queste, in sintesi, le motivazioni con cui la prima sezione del Tar dell’Emilia-Romagna, presieduta da Andrea Migliozzi, ha respinto il ricorso di Luca Caprini – ispettore capo della Polizia, rappresentante del Sap (Sindacato autonomo di Polizia) e consigliere comunale della Lega a Ferrara – contro la sanzione disciplinare della deplorazione che gli era stata comminata lo scorso 29 gennaio dal Dipartimento della Pubblica sicurezza del ministero dell’Interno.
L’episodio è legato all’esibizione, il 17 aprile 2020, del cantante italiano Sergio Sylvestre, di origini messicane e haitiane, che aveva intonato l’inno nazionale prima della finale di Coppa Italia tra Napoli e Juventus allo stadio Olimpico di Roma. Esibizione caratterizzata da alcune polemiche sull’esitazione del cantante, dovuta all’emozione, su alcune parole del testo e la frase di chiusura “No Justice, no Peace”. Polemiche scatenatesi soprattutto via social, anche con post dal contenuto razzista, come quello di un utente che scriveva: “Ma quel signore con i baffi che adoperava i forni non c’è più?”, accompagnato da un’immagine del musicista con “Vergogna” scritto a caratteri cubitali. A quel post Caprini aveva cliccato “mi piace”. Per quel ‘like’ – risalente al 20 giugno del 2020 e che aveva avuto ripercussioni anche a livello nazionale, con Ilaria Cucchi che aveva segnalato la vicenda all’allora capo della Polizia, Franco Gabrielli – Caprini era anche stato indagato per propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, accusa poi archiviata dal gip lo scorso maggio. Il Tribunale amministrativo ha invece confermato la validità della sanzione disciplinare irrogata dalla Polizia, definendola “oggettivamente proporzionata al fatto commesso” e respingendo come infondati i motivi del ricorso presentato da Caprini.
Il poliziotto chiedeva l’annullamento della sanzione, sostenendo di aver “apposto inavvertitamente e per mero errore materiale il ‘like’ ad un post di una persona che conosceva per motivi di lavoro e di averlo eliminato il giorno successivo, appena accortosi dell’errore commesso”. Nel dettaglio, Caprini sosteneva che il suo comportamento era dovuto “ad un mero errore materiale di digitazione sul proprio cellulare, in quanto egli mai avrebbe espresso opinioni o condiviso pensieri inneggianti a Hitler e ai forni crematori”, affermando quindi che era “palese la mancanza sia dell’elemento soggettivo, sia del necessario nesso causale tra condotta ed evento pregiudizievole”. Innanzitutto, nel ricorso si ricordava che “il pensiero razzista non appartiene alla persona e alla cultura del ricorrente, come riconosciuto espressamente anche dalla Commissione disciplinare”. – continua sotto –
Inoltre, per Caprini e i suoi legali andava escluso anche che “il ricorrente avesse agito con colpa, vale a dire mediante una condotta connotata da imprudenza, negligenza e imperizia nell’uso del social e del proprio cellulare”, senza contare che Caprini, “appena avvedutosi dell’errore, ha cercato immediatamente di porvi rimedio, non solo rimuovendo il ‘like’ e cancellando il proprio profilo Facebook, ma anche chiarendo pubblicamente la propria posizione su quanto accaduto”. Il poliziotto e consigliere comunale sosteneva poi che “non vi fosse alcun indizio che l’episodio abbia causato un effettivo discredito alla Polizia”, in quanto “tutti gli articoli che lo hanno evidenziato, comparsi per iniziativa dei suoi avversari politici, erano finalizzati a screditarlo quale esponente della Lega, e non certo come ispettore capo della Polizia”. Infine, per Caprini la sanzione “violava i principi di ragionevolezza e proporzionalità”.
Le argomentazioni del consigliere del Carroccio e dei suoi legali non hanno però convinto i giudici del Tar. Infatti, si legge nella sentenza, “il primo mezzo d’impugnazione è infondato, dovendosi qualificare il comportamento del ricorrente come oggettivamente denotante imprudenza, imperizia e negligenza”. Sul punto, il Tribunale amministrativo ricorda che Caprini, in quanto appartenente alla Polizia, “è soggetto alle norme comportamentali predisposte dall’Amministrazione di appartenenza”, tra cui la circolare ministeriale che “prescrive che ciascun appartenente alla Polizia possa esprimere opinioni sui social network, ma sempre ponderando tempi, modi e caratteri delle proprie esternazioni, in modo da tenere un comportamento improntato a correttezza, imparzialità e cortesia, e deve in ogni caso astenersi da comportamenti o atteggiamenti che arrecano pregiudizio al decoro dell’Amministrazione”. Per i giudici, quindi, “è evidente che il comportamento del ricorrente non può essere qualificato come mero errore materiale, consistendo oggettivamente nell’utilizzo superficiale e quindi imprudente di Facebook”. Risulta, poi, “destituita di fondamento l’argomentazione con cui il ricorrente ritiene che l’elemento soggettivo rilevante, oltre al dolo, sarebbe unicamente quello della colpa grave, e si osserva che il comportamento è palesemente connotato da colpa, elemento pienamente sufficiente per applicare la sanzione disciplinare”.
Per il Tar è infondata anche l’affermazione secondo cui “il fatto in questione non abbia nuociuto al prestigio della Polizia”, in quanto “il clamore e la propagazione mediatica del fatto, attribuita agli avversari politici, non solo non ha deviato il clamore e il conseguente discredito in direzione delle sole funzioni politiche e consiliari” svolte da Caprini, ma “risulta avere avuto l’effetto di ‘cassa di risonanza’, allargando ed espandendo il clamore per tale fatto anche negli ambienti della Polizia e addirittura raggiungendo le più alte cariche istituzionali e politiche di quella Amministrazione, quali il capo della Polizia e il ministero dell’Interno”. Secondo i giudici, quindi, è “pienamente accertato che il fatto in questione ha avuto un risalto mediatico a livello nazionale negli ambienti della Polizia, con conseguente palese e grave nocumento per l’immagine e il prestigio dell’istituzione”. – continua sotto –
Infine, il collegio ritiene che la sanzione disciplinare “risulta oggettivamente proporzionata al fatto commesso, avendo l’Amministrazione procedente tenuto conto non solo del grave discredito che è derivato al prestigio della Polizia, ma anche degli elementi favorevoli al ricorrente quali l’eliminazione del ‘like’ entro brevissimo tempo, i precedenti di servizio e la sua partecipazione ad attività sociali e sportive anche a favore di soggetti portatori di disabilità”. Da qui la decisione di respingere il ricorso di Caprini e di “disporre l’integrale compensazione delle spese di giudizio, in ragione della singolarità della vicenda”.