A Los Angeles è andata in scena la 79esima edizione del Golden Globe, il riconoscimento assegnato, annualmente dai membri dell’Associazione della Stampa Estera a Hollywood (HFPA) e ritenuto il più attendibile indicatore in vista delle prossime candidature all’Oscar. – continua sotto –
In scena, si fa per dire, in quanto causa Coronavirus e accuse di sessismo, non inclusione e corruzione ai danni di parecchi giurati, la Nbc, tradizionale rete abilitata alla ripresa dell’evento, si è rifiutata di trasmettere la cerimonia in diretta. Quindi niente red carpet e vincitori annunciati in streaming direttamente dal sito ufficiale del premio. Un vero peccato e un’occasione, sicuramente, mancata di dare il giusto risalto a lungometraggi post pandemici davvero validi. Tutti i trionfatori, infatti, hanno, senza dubbio, meritato l’alloro, a cominciare da quello ai migliori film sia drammatici sia commedia o musical.
Nella prima categoria ha prevalso “The Power of the Dog” di Jane Campion, western lirico e crepuscolare, che ha portato a casa, anche, altri due Globi per la regia e l’attore non protagonista, Kodi Smit McPhee, ambiguo e vendicativo adolescente in odore di nomination all’Academy Award. Nella seconda, invece, ha esultato, dopo 50 anni esatti dal trionfo dell’originale diretto da Robert Wise, il remake di “West Side Story” di Steven Spielberg, il musical dei musical, che ha, pure, incoronato le (semi)debuttanti Rachel Zegler e Ariana DeBose, rispettivamente, miglior attrice protagonista nel genere commedia o musical e migliore non protagonista.
Due autentici divi del grande schermo a stelle e strisce, Will Smith e Nicole Kidman hanno ricevuto i premi per i migliori attore e attrice protagonisti di un dramma. Smith, al suo primo Globo, ha vinto per la convincente performance fornita in “King Richard” di Reinaldo Marcus Green nei panni del controverso padre delle campionesse del tennis Venus e Serena Williams, mentre la Kidman, al suo quinto Globo, ha prevalso per l’ammaliante immedesimazione nelle vesti di Lucille Ball, icona della tv yankee anni ‘50, in “Being the Ricardos” di Aaron Sorkin. – continua sotto –
Miglior attore protagonista di commedia o musical il talentuoso Andrew Garfield, eccellente Jonathan Larson, promettente autore di Broadway scomparso troppo presto, nel biopic “Tik Tik…Boom” di Lin–Manuel Miranda. I rimanenti riconoscimenti sono andati a “Belfast” di Kenneth Branagh (sceneggiatura), “Dune” di Denis Villeneuve (colonna sonora) e “007-No Time to Die” di Cary Fukunaga (canzone originale).
I nostri colori, purtroppo, non hanno gioito poiché nella cinquina della pellicola internazionale, il fluviale (nella durata) nipponico “Drive my Car” di Ryusuke Hamaguchi ha battuto l’intenso e personale “E’ stata la mano di Dio” di Paolo Sorrentino, che potrà presto rifarsi sul palco, ancor più altisonante, degli Oscar.