Una “holding” dedita alle scommesse on line illecite e legata al clan dei Casalesi. E’ quella smantellata dai carabinieri che hanno eseguito 33 arresti tra le province di Salerno, Ascoli Piceno, Agrigento, Avellino, Brindisi, Caserta, Catanzaro, Latina, Lecce, L’Aquila, Messina, Napoli, Potenza, Ravenna, Roma, Varese e in diversi stati esteri, in particolare Panama, Romania e Malta. – continua sotto –
Il provvedimento è stato emesso dal giudice per le indagini preliminari, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia. Sono accusati di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di una serie di delitti in materia di giochi e scommesse illegali, intestazione fittizia di beni, riciclaggio, reimpiego di denaro provento di delitto in attività economiche, autoriciclaggio, con l’aggravante, per taluni di questi reati, di aver commesso il fatto al fine di agevolare il clan dei “Casalesi”.
Contestualmente eseguito un sequestro preventivo di 11 siti internet e di società con sede legale a Mercato San Severino (Salerno), nonché di 3 milioni nei confronti di L.G.C., ritenuto il capo e promotore del sodalizio criminale. E’ accusato di aver costituito una vera e propria holding dedita al gaming on line illecito sul territorio nazionale ed estero, avvalendosi anche dei legami con i vertici dei Casalesi. Gli introiti stimati dall’asset criminoso nel suo complesso sono stati quantificati – nell’arco temporale di circa due anni in oltre 5 miliardi di euro. Qualora i giochi fossero stati svolti in forma lecita, le entrate per l’erario sarebbero state di circa 500 milioni di euro.
Il sistema si poggiava su server che si trovavano fisicamente all’estero, in particolare negli stati di Panama e sull’isola di Curaçao, due paradisi fiscali del Centro America, anche se poi i siti internet avevano come dominio .com e .eu ma senza alcuna autorizzazione da parte dei Monopoli di Stato ad offrire servizi di scommesse in Italia. Altre apparecchiature per il gioco d’azzardo, anch’esse abusive, erano dislocate strategicamente in attività commerciali situate nel Sud Italia. Il denaro da riciclare che veniva così “ripulito” permettendo anche di pagare per il servizio tutti coloro che ne prendevano parte. IN ALTO IL VIDEO