È stata la coinquilina russa a salvare dalle fiamme la figlia di 5 anni di Anastasiia Bondarenko, la giovane ucraina di 22 anni trovata carbonizzata lo scorso 10 marzo nel suo appartamento di vico San Antonio Abate, a Napoli. “‘Salva mia mamma’, mi diceva, io le chiedevo nella sua lingua, perché parlo anche ucraino, ‘che cosa sta succedendo?’ e lei continuava più volte a urlare ‘corri, corri, salva mia mamma”, il racconto della donna. – continua sotto –
Ad appiccare l’incendio sarebbe stato il compagno della 22enne, anch’egli ucraino, che ora si trova in carcere. A incastrare l’uomo, di 26 anni, sono i messaggi e le telefonate alla madre della vittima – nelle quali ha affermato: “Io ho bruciato Anastasiia” – e anche le parole della bimba, la quale ha confermato la presenza del 26enne in casa poco prima del rogo.
Il giovane è stato sottoposto a fermo, lo scorso 17 marzo, dai carabinieri che lo hanno rintracciato ad Acerra (Napoli) mentre era a bordo di un’auto. Ha cercato di sviare le indagini indirizzandole su un connazionale, ha dichiarato che nell’appartamento in cui si è avvenuta la tragedia lui non c’era, ma la bimba e le celle dei ripetitori a cui si è agganciato il suo telefono lo smentiscono. Ha anche negato la relazione con la vittima. E anche queste parole sono state smentite dai testimoni e, soprattutto, dalle foto trovate sul suo cellulare.
L’incendio inizialmente è sembrato innescato da una presa elettrica multipla trovata dietro il frigo. Poi però, è stato ritenuto riconducibile dagli inquirenti a mensole e cassetti recuperati da un altro vano della casa e appositamente sistemati dietro il frigo dove poi l’uomo ha appiccato le fiamme utilizzando un tappetino imbevuto di liquido infiammabile. Nel corso dell’udienza di convalida, celebrata on-line lunedì scorso, davanti al gip di Nola Sebastiano Napolitano, la difesa dell’indagato non ha sollevato alcuna eccezione riguardo le contestazioni esposte dai pubblici ministeri della sezione Fasce Deboli di Napoli, coordinata dal procuratore aggiunto Raffaello Falcone, e neppure si è opposta alla convalida dell’arresto. – continua sotto –
Una scusante, la gelosia, “così lieve, banale e sproporzionato rispetto alla gravità del reato”, “un mero pretesto per lo sfogo di un impulso criminale”. Così il gip di Nola Sebastiano Napolitano, spiega la sussistenza dell’aggravante dei futili motivi contestata al 26enne. La vittima, spiega ancora il giudice, arrivata lo scorso 2 febbraio “ha trovato la morte a Napoli per mano del suo compagno all’interno di una relazione affettiva non sana e avvelenata dal sospetto e dalla gelosia, dopo essere fuggita dalla guerra in Ucraina insieme con la sua bimba”.