Ucraina, un prof aversano a Mosca cita Don Diana: “Per amore del mio popolo (russo) non tacerò”

di Nicola Rosselli

Aversa (Caserta) – «Quello che si sta vivendo in Russia è la tragedia nella tragedia». A parlare Giovanni Savino, che ha lasciato Aversa 17 anni fa per insegnare Storia in una prestigiosa università di Mosca. Proprio perché profondo conoscitore dei fatti russi in questi giorni conteso da diversi media. – continua sotto –  

Savino, nel corso della nostra chiacchierata telefonica, “scomoda” anche don Peppe Diana, il parroco anticamorra di Casal di Principe ucciso con addosso i paramenti nella sagrestia della propria parrocchia, affermando, come aveva fatto il sacerdote «Per amore del mio Popolo (quello russo, ndr) non tacerò» e, infatti, dice tanto.

Professore Savino quali sono queste tragedie alle quali fa cenno? «Vi sono delle cose poco note. Ad esempio, ad essere sotto attacco sono anche città russofone, come Kherson. Non che sia giusto bombardare centri in cui si parla un’altra lingua, ma giusto per far riflettere un pochino sulla retorica di chi crede in un’avventura militare per liberare i russi». «Inoltre, – continua il professore, che ha moglie russa, Ksenia, e le figliolette Polly e Liubava che in questo momento sono con lui a Mosca – al fronte vi sono soldati di leva. Sì, ragazzi giovanissimi, nati nel 2000, 2001, 2002, 2003. Non so quanti ne siano dal lato ucraino (dove vi è la mobilitazione generale), ma nell’esercito russo vi sono ragazzi che in questo momento dovrebbero stare a studiare, a casa, a passeggiare con le loro ragazze. Invece sono al freddo, a rischiare di non vedere i loro vent’anni per una tragedia assurda». – continua sotto –  

Quali sono le cose che più colpiscono i russi? «Sotto sanzioni praticamente l’intero governo russo e Putin, i social sotto attacco, il comparto automobilistico è praticamente prossimo alla crisi totale con la sospensione delle importazioni, i prezzi stanno schizzando alle stelle, le principali banche russe sono di fatto bandite. Sì, c’è chi dall’Italia esulta alla possibile chiusura di Facebook, scrivendolo su Facebook, non sapendo che esistono i Vpn e che le sue minchiate non ci mancheranno».

Accanto a queste conseguenze dovute a fattori esterni, qual è il clima che si vive a Mosca? «Vi è, come in tutte le guerre, la volontà di far tacere le voci non allineate. Vi sono licenziamenti, il popolarissimo programma di Ivan Urgant (quello di “Ciao 2020”, ndr.) è stato sospeso per la posizione presa dal conduttore, vi sono arresti preventivi, delazioni. In molte università vi sono circolari sul monitoraggio di cosa dicono e scrivono studenti e docenti».

Lei cosa farà? «Mah, il mio destino non è importante come quello di chi è sotto le bombe o al fronte o rinchiuso in un commissariato. In questi giorni ho pensato molto a due storie, una familiare, un’altra legata a una persona amica dei miei: a mio nonno, che l’8 settembre del 1943, nemmeno diciottenne soldato, rifiuta di stare con quelli che trucidavano la povera gente e organizzavano i campi di sterminio. Mio nonno per questo è stato due anni in un campo dalle parti di Danzica, il mio odio per la guerra è dovuto anche ai suoi racconti. L’altra storia è quella di don Peppino Diana, amico dei miei genitori, che nel 1994 venne ammazzato da un sicario della camorra in sagrestia. Don Peppino aveva lanciato qualche tempo prima un appello, che si intitolava “Per amore del mio popolo non tacerò”. Ecco, in quasi diciassette anni di vita qui è successo che questo paese, questo popolo, siano un po’ anche miei. È proprio per amore del mio popolo che non tacerò».

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