Mafia, confisca da 150 milioni al “re dei supermercati” di Palermo

di Redazione

La Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Palermo, su richiesta della Procura antimafia, ha emesso un decreto di confisca del patrimonio di Carmelo Lucchese, 56 anni, noto imprenditore operante nel settore della grande distribuzione alimentare, per un valore complessivo di circa 150 milioni di euro, eseguito dai finanzieri del comando provinciale di Palermo. – continua sotto – 

Oggetto della confisca di primo grado sono, tra le altre cose, le quote societarie e il compendio aziendale della “Gamac Group srl”, che all’epoca del sequestro (eseguito dalle Fiamme Gialle nel febbraio 2021) gestiva 13 supermercati tra Palermo e provincia (Bagheria, Carini, Bolognetta, San Cipirello e Termini Imerese). Gli esercizi commerciali sono stati nel frattempo ceduti a terzi dall’amministratore giudiziario nell’ambito delle linee guida approvate dal Tribunale e pertanto oggetto della confisca è il ricavato della vendita.

Sulla base degli accertamenti, l’imprenditore è stato ritenuto, seppur non organicamente inserito nell’organizzazione criminale, comunque “colluso” al sodalizio mafioso, dal momento che ha operato almeno dal 2004 sotto l’ala protettiva di Cosa Nostra, in particolare la famiglia di Bagheria, traendone vantaggio per: scoraggiare la concorrenza anche con atti di danneggiamento; acquisire imprese concorrenti; risolvere le problematiche insorte nella gestione delle sue imprese, comprese quelle relative ai rapporti di lavoro con i dipendenti; dirimere controversie con i propri soci, ottenendo in loro pregiudizio la possibilità di rilevare l’impresa contesa e beneficiando di una dilazione dei pagamenti; evitare il pagamento del pizzo nella zona di Bagheria e, grazie alla mediazione della locale famiglia mafiosa, contrattare la “messa a posto” con altre articolazioni palermitane del sodalizio mafioso.

In coincidenza temporale con i più significativi interventi di Cosa Nostra in proprio favore, l’imprenditore ha registrato una crescita esponenziale del fatturato dell’azienda, trasformata da piccola impresa familiare in un impero economico, arrivando a fatturare oltre 90 milioni di euro nel 2020. – continua sotto – 

L’indagine testimonia, inoltre, le nuove e sempre più sofisticate modalità con cui gli imprenditori in affari con la mafia tentano di “proteggere” il proprio patrimonio. Nel corso degli accertamenti è infatti emerso che l’impero imprenditoriale era stato devoluto a un trust. Grazie a questo strumento giuridico, le possidenze societarie e immobiliari dell’imprenditore sono state formalmente trasferite a un professionista (“trustee”), incaricato di gestirle come se ne fosse proprietario, assumendo cioè le principali decisioni relative alla vita dell’azienda e degli altri beni. Tuttavia, dall’approfondimento della documentazione acquisita, è emerso che il trust in questione era un mero espediente fittizio per schermare la titolarità delle proprietà. In altri termini, l’uomo aveva trasferito solo sulla carta tutti i poteri gestori sui beni al trustee, ma nella realtà non ne aveva mai perso il controllo e la disponibilità. IN ALTO IL VIDEO

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