“L’ho portata a casa dall’asilo, Elena ha voluto mangiare un budino poi ha guardato i cartoni animati dal mio cellulare. Io intanto stiravo”. E’ il racconto di Martina Patti durante l’interrogatorio sulla morte della figlia, Elena Del Pozzo, appena 5 anni, di Tremestieri Etneo (Catania). La madre confessa: “L’ho uccisa io”. Poi, sull’omicidio: “Quando ho colpito Elena avevo una forza che non ho mai percepito prima. Non ricordo la reazione della bambina mentre la colpivo, forse era ferma, ho un ricordo annebbiato”. – continua sotto –
“Dovevamo andare a un compleanno, Elena era contenta” – La donna nell’interrogatorio ricorda, come scrive il “Corriere della Sera”, che “in serata dovevamo andare da un amico per il compleanno ed Elena era contenta. Poi siamo uscite per andare a casa di mia madre. Ma ho rimosso tutto”. Martina Patti ha colpito a morte la figlia al collo e alla schiena con un coltello da cucina, nella sua abitazione, poi ha portato e nascosto il cadavere dentro alcuni sacchetti neri della spazzatura in un vicino terreno di campagna abbandonato, cercando di coprirlo con zolle di terra e cenere lavica. La stessa donna solo poche ore prima aveva raccontato che la piccola era stata rapita da tre uomini armati fuori dall’asilo.
“Era come se qualcuno si fosse impadronito di me” – “È stato un interrogatorio drammatico di una donna distrutta e molto provata che ha fatto qualcosa che neppure lei pensava di poter fare”, agendo come se “qualcuno si fosse impadronito” di lei, dimostrandosi “tutt’altro che fredda e calcolatrice”, ha spiegato l’avvocato Gabriele Celesti che difende la 23enne. “Farò incontrare la mia assistita con uno psichiatra di fama per verificare le sue condizioni e dopo decideremo sulla perizia. Devo dare atto di grande correttezza ai carabinieri e alla Procura”.
Il movente della gelosia – Secondo la Procura, la 23enne non tollerava che “la figlia si affezionasse all’attuale compagna dell’ex convivente” e padre della piccola, Alessandro Nicodemo Del Pozzo, 24 anni. Secondo quanto raccontato da lei stessa, ha colpito la bimba più volte con un coltello da cucina e poi ha messo il corpicino in un sacco, prima di nasconderlo sotto terra. Ha anche precisato di aver “portato a termine l’orrendo crimine in maniera solitaria”. – continua sotto –
Accusata di omicidio pluriaggravato e occultamento di cadavere – Martina Patti ha detto di avere agito senza capire quello che stava facendo. Non è riuscita a fornire una dinamica completa del delitto. La Procura ne ha predisposto il fermo per omicidio pluriaggravato e occultamento di cadavere. Avrebbe inoltre premeditato l’omicidio della figlia Elena di cinque anni. La contestazione si basa sulla ricostruzione della dinamica del delitto da parte dei carabinieri. Alla donna, nella prima fase dell’inchiesta, è stato anche contestato anche il reato di false informazioni al pubblico ministero per avere mentito.
Situazione familiare non felice – Quello che è emerso dalle indagini è un “quadro di una famiglia non felice, in cui la gioia della figlia non ha compattato la coppia”, ha detto il comandante del reparto operativo dei Carabinieri di Catania, il colonnello Piercarmine Sica, escludendo che vi sia “il coinvolgimento di altri” nell’omicidio. Il movente, ha confermato l’ufficiale, “può essere la gelosia nei confronti della nuova compagna dell’ex convivente, ma anche per l’affetto che Elena mostrava nei confronti della donna”. Su questo però la Patti “non ha detto nulla. E’ rimasta sul vago, come se non si fosse resa conto di quello che ha fatto. E’ come se avesse detto ‘l’ho fatto ma non so perché”.
La coppia da tempo era separata – Il padre e la madre della piccola Elena non stavano più insieme da tempo. L’uomo era stato arrestato per rapina nel 2020, ma poi assolto. Dopo la notizia, si è recato in preda alla disperazione, con la nuova compagna, sul luogo del ritrovamento del cadavere. – continua sotto –
La messa in scena del rapimento – Il rapimento era una messa in scena per coprire l’omicidio. Martina Patti in un primo momento aveva infatti raccontato del rapimento avvenuto per mano di tre uomini incappucciati, di cui uno armato. Dopo una notte di interrogatori di familiari e conoscenti, stamani l’epilogo con la donna che in lacrime ha condotto gli investigatori nel posto in cui si trovava il cadavere della figlia, un terreno incolto, in via Turati, a Mascalucia, in provincia di Catania. La ricostruzione del rapimento della bimba di 5 anni era apparso “poco credibile” sin dalle prime fasi dell’inchiesta, viene spiegato in Procura. Alcune “anomalie” sono infatti emerse subito agli investigatori: nessun testimone, oltre lei; nessuna telefonata al 112 subito dopo l’aggressione (solo dopo si è recata con i familiari in caserma per presentare la denuncia). Anomalie che hanno portato carabinieri e Procura a fare pressioni sulla donna, che infine ha ceduto ed è scoppiata in lacrime indicando dove trovare il cadavere della figlia. Come ha spiegato la Procura l’ipotesi che la piccola Elena fosse stata rapita da un gruppo di uomini incappucciati è stata smentita dalle telecamere di sorveglianza, “nonostante una strenua difesa ad oltranza della propria versione” da parte della donna. Secondo il racconto della 23enne, il rapimento della figlia sarebbe stato “una conseguenza del comportamento dell’ex compagno, per non aver ascoltato precedenti messaggi minatori legati a una rapina ai danni di una gioielleria di Catania che gli costò l’arresto il 15 ottobre del 2020”. Il 24enne “successivamente fu assolto per non aver commesso il fatto”. IN ALTO IL VIDEO