Gli uomini della Direzione investigativa antimafia e i militari del comando provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria e dello Scico – con il coordinamento della Procura Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, diretta dal procuratore Giovanni Melillo, e della locale Procura Antimafia, diretta dal procuratore Giovanni Bombardieri – hanno eseguito un provvedimento, emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale reggino, che dispone l’applicazione della misura di prevenzione patrimoniale della confisca di compendi aziendali, beni immobili, mobili e rapporti finanziari – per un valore complessivo stimato in oltre 15 milioni di euro – riconducibili ad un imprenditore reggino attivo nel settore dei servizi aziendali. – continua sotto –
La figura dell’imprenditore era emersa nell’ambito dell’operazione denominata “Martingala”, condotta da personale della Dia e della Guardia di Finanza di Reggio Calabria, sotto il coordinamento della Direzione distrettuale antimafia, conclusasi nel mese di febbraio 2018, nel cui ambito il predetto – allo stato del procedimento e fatte salve successive valutazioni in merito all’effettivo e definitivo accertamento della responsabilità – veniva rinviato a giudizio per diverse ipotesi di reato, tra cui associazione per delinquere finalizzata alla commissione di una serie indeterminata di reati connessi e conseguenti alla gestione delittuosa di flussi economici, tra i quali riciclaggio, autoriciclaggio e reimpiego, emissione ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, intestazione fittizia di beni, con l’aggravante dell’agevolazione mafiosa.
Secondo quanto emerso dalle indagini, il proposto si sarebbe rivelato il “regista” di un complesso sistema illecito, costruito intorno a molteplici società di comodo, con sede in Italia ed all’estero, di cui aveva la disponibilità diretta o mediata. Lo stesso, tramite la regolare documentazione, con fatture per operazioni inesistenti accompagnate da artificiosi documenti di trasporto, di movimenti fittizi di merci e prestazioni apparenti di servizi, tra le società a se riferibili e le imprese beneficiarie offriva ai propri “clienti” una formale giustificazione per la grande quantità di denaro che convergeva verso le sue imprese.
L’imprenditore, quindi, avrebbe messo a disposizione di numerose imprese – per lo più riferibili a imprenditori ritenuti diretta espressione della ‘ndrangheta o collusi con questa – la sua organizzazione e il suo reticolo di società cartolari, sparse tra l’Italia e l’estero, sistematicamente coinvolte in svariate transazioni economiche, che simulavano movimenti di merci e flussi finanziari di apparente origine commerciale. Il sistema così congegnato si rilevava funzionale, oltreché ad esigenze di riciclaggio, anche all’acquisizione fraudolenta di crediti fiscali. – continua sotto –
In relazione alle risultanze dell’attività di cui sopra, la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo e la locale Dda – sempre più interessate agli aspetti economico-imprenditoriali legati alla criminalità organizzata, delegavano al Gruppo investigazione criminalità organizzata (Gico) della Guardia di Finanza di Reggio Calabria, allo Scico ed al locale centro operativo Dia, apposita indagine a carattere economico/patrimoniale finalizzata all’applicazione, nei confronti del citato imprenditore, di misure di prevenzione personali e patrimoniali.
Dopo aver delineato il profilo di pericolosità sociale sia generica che qualificata del proposto, anche valorizzando le risultanze delle pregresse indagini, l’attività investigativa veniva indirizzata alla ricostruzione delle acquisizioni patrimoniali – dirette o indirette – effettuate nell’ultimo trentennio, accertando – attraverso una complessa e articolata attività di verifica e riscontro documentale – i patrimoni dei quali l’uomo risultava disporre, direttamente o indirettamente, il cui valore era decisamente sproporzionato rispetto alla capacità reddituale dichiarata ai fini delle imposte sui redditi nonché in quanto frutto o reimpiego, in buona parte, di attività illecite.
Alla luce di tali risultanze, la Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria, nel mese di ottobre 2020, disponeva il sequestro del patrimonio riconducibile all’imprenditore. Successivamente, riconoscendo la validità dell’impianto indiziario, con il provvedimento in esecuzione ha decretato – allo stato del procedimento ed impregiudicata ogni diversa successiva valutazione nel merito – l’applicazione della misura di prevenzione patrimoniale della confisca dell’intero compendio aziendale di 7 tra imprese e società commerciali, sedenti sia in Italia sia all’estero, una ditta individuale, 5 immobili, 10 orologi di lusso e disponibilità finanziarie per un valore complessivo stimato in oltre 15 milioni di euro. IN ALTO IL VIDEO