Casaluce (Caserta) – Non ci sta don Michele Verolla, rettore del santuario della Madonna di Casaluce, a essere additato come colui che sta ostacolando il progetto di riqualificazione del fossato che intende portare avanti l’amministrazione comunale guidata dal sindaco Francesco Luongo. In una lettera aperta al sindaco e a tutta la cittadinanza, il sacerdote esprime le motivazioni e i dubbi che finora hanno portato ad uno stallo nella “trattativa” tra Comune e parrocchia. – continua sotto –
Il Castello, di epoca normanna, risalente agli inizi dell’undicesimo secolo, è di proprietà dell’Istituto centrale per il sostentamento del Clero e da tempo immemore in condizioni fatiscenti, fatta eccezione per l’adiacente Abbazia-Santuario di Santa Maria ad Nives, costruita nella prima metà del Trecento e recentemente restaurata, la cui parrocchia detiene invece la proprietà del fossato. Il Comune ha proposto alla parrocchia il pagamento di un canone enfiteutico per gestire l’area oppure una vera e propria compravendita, evitando l’esproprio, sia per cercare una soluzione bonaria e anche perché tale procedura in passato ha fatto registrare precedenti spiacevoli per la comunità, come per il campo sportivo, oggetto di esproprio nel 1987, risoltosi con la restituzione dei terreni e il risarcimento da parte dell’Ente di 1 milione e mezzo di euro a causa di una procedura errata. E, invece, il parroco ritiene che la soluzione dell’esproprio sia quella giusta.
“Sono diversi giorni – scrive don Michele nella sua lettera – che si consuma una violenta campagna di critica nei miei confronti sui mass-media, ad opera peraltro di un alto rappresentante politico dell’amministrazione cittadina (il riferimento è chiaramente diretto al sindaco, ndr.). Sono molto addolorato per i toni utilizzati, che non solo mal si addicono al decoro istituzionale che certi ruoli pubblici richiedono, ma cercano incredibilmente di coinvolgere la parrocchia in questioni di natura prettamente politiche”. Il sacerdote poi va al punto: “La cessione del fossato del castello è un argomento che è stato oggetto di numerose interlocuzioni, non solo con l’attuale primo cittadino, ma anche con le amministrazioni precedenti, che avevano già manifestato al sottoscritto il proprio interesse. Come sacerdote, e in particolare come parroco, è per me un dovere fare quanto utile per migliorare la quotidianità della nostra piccola Comunità, e se l’acquisizione del fossato al patrimonio comunale può essere fruttuoso allo scopo, da parte mia non c’era prima e non ci sarà ora alcun tipo di opposizione”.
“Trattandosi, però, – sostiene don Michele – di terreni donati alla Parrocchia da parte di fedeli, e come tali con una precisa finalità, come ho già chiarito in tutte le sedi cui sono stato interpellato, mi corre l’obbligo morale di accertare che questi non siano fatti oggetto, anche indirettamente, di alcun tipo di speculazione. Per questo motivo, nonostante gli ultimatum settimanali che mi vengono indirizzati dal sindaco, finalizzati a farmi apparire agli occhi dei miei concittadini come il soggetto che vuole ostacolare la realizzazione dell’opera, non posso che ribadire il mio pensiero: se di opera pubblica sic et simpliciter si tratta, il giusto strumento giuridico da adottare è quello dell’esproprio. Tutte le altre soluzioni prospettate, sebbene più vantaggiose economicamente per la parrocchia, lascerebbero campo libero a eventuali speculazioni, vedendo il sottoscritto come spettatore passivo del solito mercanteggiare, sicuramente lecito, ma anche di cattivo gusto rispetto alla finalità cui il fossato era destinato”. – continua sotto –
Nonostante le critiche piovutegli addosso, il rettore manifesta comunque la sua disponibilità a proseguire il dialogo con il Comune: “Penso con indicibile sofferenza – scrive don Michele – alla situazione incresciosa che si sta verificando, ma la mia storia personale, ed il ruolo che ricopro, mi impongono di essere fermo su questa posizione, che non è di arricchimento personale, o becero ostruzionismo, ma di semplice tutela di quanti hanno dato fiducia alla Parrocchia donandole i propri beni. E, pertanto, sebbene mi abbiano molto colpito i messaggi futili e di cattivo gusto indirizzatimi da chi probabilmente vuole solo nascondere le proprie negligenze, sono disponibile a continuare, in un’ottica di rinnovata fiducia, l’interlocuzione già avviata, purché si comprenda che la Chiesa non è un’associazione finalizzata al lucro con cui interloquire sul piano squisitamente economico, ma qualcosa di più profondo, complesso e volto al bene della comunità”.
“A noi – conclude don Michele – non sta il compito di giudicare ma, come ha ribadito Papa Francesco, se siamo discepoli di Gesù, il nostro compito è di costruire per il bene della Comunità e dei fedeli tutti, ricordando che siamo di passaggio su questa terra. Invochiamo il Signore, con la preghiera di Santa Maria ad Nives, nostra protettrice, affinché ci illumini tutti e ci guidi sulla retta via del perdono e della fratellanza”.