Scarcerati i fratelli Ernesto e Giovanni Corvino, arrestati in esecuzione dell’ordinanza emessa il 22 novembre scorso dal gip Iaselli. – continua sotto –
La decisione è giunta al termine della discussione del riesame davanti alla XII sezione ed è stata annullata l’ordinanza con la quale si contestava ai due imprenditori titolari di una società di onoranze funebri di Aversa, Ital Funeral Associated Srl, il concorso esterno in associazione mafiosa per avere stretto un patto con il clan Bidognetti grazie al quale agivano in regime di monopolio imponendo prezzi più alti per dare una quota al clan (ritenuto socio occulto).
Il riesame ha accolto la ricostruzione fatta dalla difesa (gli avvocati Alfonso Quarto e Pasquale Diana) ed ha annullato l’ordinanza. Ieri mattina è stato scarcerato anche l’imprenditore Angelo Zaccariello, che era stato arrestato sempre nello stesso Blitz a carico del clan Bidognetti. Mercoledì il riesame, 12esima sezione tribunale di Napoli, ha accolto la ricostruzione dell’avvocato Quarto e lo ha scarcerato. A Zaccariello era stata contestata una tentata estorsione, quale esecutore materiale, ai danni di Aureliano Manno che, nell’aprile 2021, subì una gambizzazione.
Erano state 37 le misure cautelari, tra carcere ed arresti domiciliari, eseguite dai carabinieri del comando provinciale di Caserta all’esito di un’indagine, coordinata dalla Dda di Napoli, sulla riorganizzazione del clan dei Casalesi, in particolare delle fazioni Schiavone e Bidognetti. Tra gli arrestati anche elementi apicali del sodalizio. Nell’arco di oltre tre anni di investigazioni, i carabinieri del Nucleo Investigativo di Caserta e di Aversa – coadiuvati dal Nic della Polizia Penitenziaria – hanno accertato l’operatività delle due fazioni documentando una pluralità di reati che sarebbe stata posta in essere da soggetti riferibili al consesso criminale casalese che, a oggi, conserverebbe una struttura piramidale ben definita. – continua sotto –
L’attività aveva consentito di appurare, tra l’altro: lo svolgimento di incontri tra esponenti di vertice delle due fazioni criminali finalizzati a concordare il ripristino di una “cassa comune”, pur mantenendo la loro sostanziale autonomia nei termini operativi, economici e territoriali storicamente a loro appartenuti. Per quanto riguarda il gruppo Bidognetti è emerso che: sarebbe ancora organizzato su vincoli di sangue e guidato dai familiari più stretti dello storico capo clan Francesco Bidognetti, da tempo detenuto in regime di 41-bis. In particolare, il clan sarebbe stato gestito da uno dei figli, il quale, sebbene detenuto, avrebbe utilizzato telefoni cellulari illegalmente introdotti nella struttura carceraria – e rinvenuti con l’ausilio di personale del Nucleo Investigativo Centrale della Polizia Penitenziaria, impartendo ordini e direttive funzionali alla direzione della fazione e a promuovere le attività illegali eseguite da sodali liberi, arrivando a organizzare un progetto omicidiario in pregiudizio di un noto affiliato, allo scopo di ridimensionare la sua ascesa criminale all’interno del clan.
Altre due figlie dello storico capoclan, in ragione della loro appartenenza alla famiglia, avrebbero invece continuato a percepire stabilmente somme di denaro provento delle diverse attività delittuose.