Su delega della Procura di Perugia, diretta dal procuratore Raffaele Cantone, la Guardia di Finanza ha eseguito un’ordinanza del gip del tribunale umbro e sottoposto agli arresti domiciliari un dipendente del locale ufficio provinciale dell’Agenzia delle Entrate, oltre a misure interdittive della sospensione per otto mesi dall’esercizio del pubblico ufficio a carico di un altro dipendente della stessa Agenzia e del divieto di esercitare la libera professione di perito agrario per 12 mesi nei confronti di una terza persona. – continua sotto –
L’indagine riguarda complessivamente 18 persone. Oltre ai tre indagati, anche soggetti che avrebbero ottenuto favori dagli stessi dipendenti pubblici. I reati contestati, a vario titolo, sono quelli di corruzione per l’esercizio della funzione, corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio, istigazione alla corruzione e accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico.
Gli accertamenti, effettuati con particolare impegno e professionalità dai finanzieri, avevano preso l’avvio da precise e dettagliate denunce anonime e dopo numerosi ed approfonditi riscontri anche documentali che avevano fatto emergere elementi dimostrativi di pratiche corruttive sono state effettuate intercettazioni telefoniche, che sono risultate, ancora una volta, assolutamente determinanti per l’esito positivo delle indagini. Le intercettazioni, poi, sono state supportate da accertamenti bancari, da verifiche dei sistemi informatici dell’Agenzia del Territorio, attività queste ultime svolte grazie alla piena e leale collaborazione della Direzione Centrale Audit dell’Agenzia delle Entrate.
Gli accertamenti hanno consentito di acquisire gravi indizi di un sistematico svolgimento, da parte di un dipendente dell’ex Ufficio del Catasto di Perugia, destinatario della misura cautelare, di attività parallele a quella istituzionale di pertinenza, spesso intersecatesi con la stessa, e consistenti nella redazione di atti di aggiornamento catastale, nella effettuazione di visure e redazione di planimetrie, per le quali venivano richieste erogazioni economiche. I “beneficiari” di tali condotte, oltre che privati cittadini, sono anche professionisti che si rivolgevano all’indagato principale per fruire di servizi che, se perseguiti per le vie lecite, avrebbero avuto maggiore durata ed esito incerto. – continua sotto –
Nel dettaglio, gli elementi probatori raccolti hanno disvelato gravi indizi dell’esistenza di un sistema consolidato e parallelo di “evasione” di pratiche catastali di vario genere da parte del dipendente pubblico che, avvalendosi delle risorse e degli strumenti dell’Amministrazione di appartenenza, con la collaborazione di un collega e sfruttando l’abilitazione professionale del coniuge, avrebbe asservito il proprio pubblico ufficio a fini privatistici e personali.
L’attività illecita si articolava in modo variegato a seconda delle esigenze di volta in volta rappresentate. Una di tali modalità consisteva nel far sì che il principale indagato provvedesse a redigere la documentazione necessitata che veniva solo formalmente e fittiziamente fatta risultare riferita al professionista raggiunto da misura interdittiva, privo, tra l’altro, di specifiche competenze in materia catastale. Quest’ultimo, poi, emetteva regolare fattura per la prestazione resa a fronte del compenso pattuito, occultando in tal modo quello che, secondo le acquisizioni investigative, appare essere l’utilità dell’attività corruttiva.
Il conferimento dell’incarico al professionista compiacente, su segnalazione dello stesso indagato principale, faceva sì che, grazie alla posizione ricoperta all’interno dell’Agenzia da quest’ultimo, non solo fosse possibile l’accesso in totale autonomia ad informazioni, atti e documenti, sia essi presenti nelle banche dati informatiche che nell’archivio cartaceo, ma garantiva un sollecito e positivo esito della pratica (che seppure non direttamente trattata dal principale indagato per ragioni di incompatibilità veniva comunque da questi “orientata” tramite interventi sui colleghi). – continua sotto –
È, tra l’altro, emerso che il dipendente, dietro remunerazione, si sarebbe prestato a fornire a professionisti e consulenti informazioni “extra ordinem” a cui aveva accesso in ragione del proprio ufficio, in esecuzione di accordi illeciti, avvalendosi, in taluni casi, del consapevole supporto di un altro collega d’ufficio, nonché creando una “corsia preferenziale” a favore dei predetti al fine di agevolarli nel loro lavoro, abbreviando i termini procedurali e riducendo il rischio di rigetto delle pratiche. In questi casi, il vantaggio si sarebbe concretizzato nella percezione di un compenso in denaro o di altre utilità (quali, ad esempio, prestazioni professionali in suo favore).
Il gip del Tribunale di Perugia ha condiviso l’impianto accusatorio proposto nella richiesta di misure cautelari, evidenziando come “l’attività corruttiva dell’indagato (…) sia risalente, profondamente radicata e perfettamente collaudata in tutte le sue possibili varianti operative” e come “la sistematicità della vendita delle funzioni riscontrata, attuata con modalità molto spregiudicate e tali da rilevare come OMISSIS consideri l’Ufficio come res privata di cui può liberamente disporre per fini di personale arricchimento, induce a desumere ragionevolmente l’attuale persistenza dell’illecita attività di mercimonio”.
Il gip, inoltre, ha ritenuto sussistenti le esigenze cautelari del pericolo di reiterazione di reati per la “vastità e la capillarità dei rapporti coltivati (…) con cittadini privati e liberi professionisti di Perugia e provincia”, ritenuto “estremamente concreto ed attuale”. IN ALTO IL VIDEO