Di Santo: “Una Sinistra che non guarda al futuro…”

di Redazione

Aversa (Caserta) – di Luigi Di Santo, Direttore Scientifico della Scuola Nazionale di Formazione Sociopolitica “Giorgio La Pira” – Le ultime vicende relative al congresso del Partito Democratico hanno dato vita a una serie di riflessioni sulla identità della Sinistra in generale, almeno per gli addetti ai lavori. Dico per gli addetti ai lavori perché sfido chiunque a dimostrare che, oltre ai diretti interessati, siano stati coinvolti soggetti esterni nello strumentale confronto tra mozioni contrapposte. – continua sotto –  

Nella nostra regione, ad esempio, tutta l’attenzione è stata coperta dalla triste ma essenziale vicenda tesseramento. Francamente, al di là degli slogan comunicativi, non so quali fossero i programmi dei vari candidati. Ma c’è anche una ragione di natura culturale. Dato che tutti i programmi si inseriscono nella piattaforma di un pensiero unico legato alla visione conservativa di una dimensione sociale ed economica oramai irreversibile sembra evidente che il punto focale siano diventati i diritti civili in una ottica molto liberal e poco sociale.

Per queste ragioni legate all’incapacità negli anni addietro di modificare l’esistente, la Sinistra ha perso pian piano, fallimento dopo fallimento, la sua ragion d’essere. Credo che la discussione debba essere aperta sulla idea di trasformazione della società. E non certo definendola semplicemente nella transizione ecologica pur importante e urgente.  Ben altre sono le questioni strutturali da porre a partire da un modello economico e tecnocratico che corrode ogni giorno pezzi di comunità.

Sul piano individuale, come disse anni fa in una iniziativa della Scuola “La Pira” Raffaele Cantone, da cattolico, basterebbe affidarsi alle indicazioni del Vangelo e sono d’accordo. Ma nella storia di un futuro buio ai nostri occhi, questa Sinistra, ogni cosa voglia dire questa parola, non basta perché non vuole scommettere su un progetto di cambiamento strutturale ma si conferma nella propensione alla gestione dell’esistente. Forse sarebbe il caso di provare ad uscire dalla neutralità di questo termine e recuperare parole concrete che propongono e indicano un rinnovamento reale sulla scorta di un pensiero sociale tutto da riscoprire.

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