Nuovo codice dei contratti, architetti del Meridione bocciano le scelte del governo

di Redazione

Il nuovo codice dei contratti varato dal Governo rappresenta un netto passo indietro per i professionisti. A sostenerlo è Raffaele Cecoro, Coordinatore Interregionale degli Ordini degli Architetti del Meridione (Oappc-Sud), all’indomani dell’approvazione, da parte del Consiglio dei Ministri, del nuovo Codice degli Appalti, così come rivisto e integrato alla luce delle osservazioni delle commissioni parlamentari, dei diversi ordini professionali italiani e della conferenza degli ordini degli architetti. – continua sotto –

“A mio avviso, il nuovo Codice dei contratti – spiega Cecoro – non permetterà di consentire il raggiungimento degli obiettivi del Pnrr, sono stati totalmente cassati i concorsi di progettazione facendo così compiere, in questo modo, un passo indietro rispetto al Codice in vigore precedente. Ci troviamo di fronte ad una forte regressione rispetto a alle conquiste che il sistema ordinistico pensava di aver consolidato rispetto ai concorsi di progettazione. Si sperava che l’istituzione del fondo per i concorsi di progettazione e il concorso per le 212 scuole, fosse il segnale di una volontà consolidata destinata a mettere al centro del processo di trasformazione del paese la qualità del progetto; il nuovo testo, invece, liquida la questione concorsi in un unico articolo di solo 4 commi.

“Inoltre – continua – a soppressione del livello di progettazione definitivo, con conseguente ampliamento della fase di fattibilità in termini di elaborati ed approfondimento progettuale obbligherà i professionisti che risponderanno ai, pochi, futuri concorsi di progettazione ad investimenti che in pochi saranno disposti a fare. In questo modo ci si priva della possibilità di poter scegliere, tra tanti, il miglior progetto per quel luogo, per quella comunità. Ci si priva della possibilità di far crescere chi merita, della ricerca progettuale che si fa nei concorsi, si smette di credere in una società moderna e aperta che dà pari opportunità”.

“Con queste modifiche, è stata preclusa la possibilità futura di realizzare opere pubbliche di qualità, qualità che penso sia l’elemento trainante per assurgere ad opere pubbliche e privati che possano essere riconoscibili ed iconiche della nostra nazione. Altra criticità è rappresentata dalla possibilità di un utilizzo estensivo dell’appalto integrato, il cui ricorso andrebbe indicato unicamente per progetti in cui l’aspetto tecnologico sia prevalente. Il ricorso all’appalto integrato dovrebbe aversi unicamente dove il contributo dell’impresa può essere utile dal punto di vista dell’innovazione, al contrario si va unicamente a svilire la qualità dell’opera. Sarebbe bastato prendere in considerazione alcuni episodi del passato in cui il ricorso all’appalto integrato ha portato ad enormi conteziosi tra imprese e stazioni appaltanti, opere incompiute e risultati del tutto deludenti per capire che questa metodologia di approccio nella maggior parte dei casi non è percorribile”, fa notare Cecoro. – continua sotto –

“Altra cosa assurda – sottolinea Cecoro – è l’assenza di qualsivoglia riferimento alle modalità di calcolo dei corrispettivi relativi alla progettazione (Decreto Parametri ed Equo compenso) e la reintroduzione della possibilità da parte delle pubbliche amministrazioni di accettare prestazioni gratuite, elemento che svilisce e mortifica l’operato dei professionisti del settore tecnico. Questo nuovo Codice risente del mancato recepimento delle proposte, o almeno di gran parte di esse, avanzate dai professionisti italiani che operano quotidianamente sul campo e che, quindi, conoscono le problematiche reali degli appalti.  Recepire il grido di allarme proveniente dalle professioni tecniche, quando è stata pubblicata la bozza, avrebbe sicuramente portato alla considerazione che i risultati non si misurano solo sulla quantità e la celerità, ma soprattutto sulla qualità delle Opere pubbliche. Le speranze che si possa in qualche nodo migliorare il testo, accogliendo gli emendamenti nel frattempo presentati, sono ridotte al lumicino. Sia chiaro, questa non dev’essere la battaglia dei soli architetti, ma di tutti i cittadini che sono i maggiori fruitori delle opere pubbliche”.

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