Sting a Napoli suona per detenuti carcere Secondigliano. Userà chitarra fatta con resti barconi affondati

di Redazione

Sting a Napoli per suonare nel carcere di Secondigliano. Non si tratta di un evento promozionale ma di una causa sociale. Il golden boy del rock, dall’alto dei suoi 17 Grammy e oltre 100 milioni di dischi, nutre un amore infinito per il nostro Paese. E a Napoli riceverà il dono di una chitarra realizzata dai detenuti di Secondigliano che partecipano al progetto Metamorfosi della onlus Casa dello Spirito e delle Arti. Uno strumento ancora più particolare perché realizzato coi resti dei barconi naufragati a Lampedusa. – continua sotto –

Quando l’artista britannico arriverà a Napoli riceverà la prima chitarra realizzata dai maestri liutai del progetto “Metamorfosi” e dai detenuti di Secondigliano. Sting mantiene dunque la parola data a padre Antonio Loffredo, l’ex parroco della Basilica del Rione Sanità che una sera a cena gli raccontò le iniziative della Fondazione San Gennaro. Parlarono della formazione dei detenuti, la realizzazione di rosari, ostie e anche del laboratorio del legno da cui uscivano i violini. Sting sembrava incredulo, stando ai racconti di chi c’era: “Dalle barche nascono strumenti funzionanti? Va bene allora vengo e ve li suono”. Una promessa un debito.

Sting riscrive “Fragile”, uno dei suoi più celebri pezzi dedicato al giovane inerme Ben Linder, ucciso dai contras in Nicaragua, in una versione dal sapore carcerario. La canzone, eseguita con chitarra e quattro archi già registrati a Milano, celebra la non violenza e la poesia. “Sono grato a padre Antonio per averci fatto conoscere l’opera e il team di Arnoldo Mosca Mondadori. – spiega Sting a Repubblica – Credo che gli strumenti creati dalla Fondazione siano una meravigliosa trasformazione del dolore di tanti, rappresentano la bellezza e la dignità insita in tutti gli esseri umani”.

L’esecuzione, intima e toccante, è stata realizzata all’interno di un carcere e filmata con l’aiuto di Trudie e Lorenza, entrambe con Sting nella produzione del film-documentario Posso entrare? An ode to Naples. Un’opera che, grazie all’intervento di padre Antonio, ha rinnovato la speranza di tanti, rappresentando la bellezza e la dignità insita in tutti gli esseri umani.

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