Aversa (Caserta) – Diventa anche un’opera lirica il libro del magistrato aversano Nicola Graziano, “Matricola Zero Zero Uno”, con l’aggiunta “Percorsi di Follia” in scena sull’importante palcoscenico del Teatro Cilea di Napoli. Un’opera in forma di concerto con libretto elaborato dallo stesso Graziano e musiche di Carlo Mormile, liberamente riadattato da “Caruso Millicuso” di Leonardo Bilardi, Manuela Torre e Nicola Graziano. – continua sotto –
«Dal libro – ha spiegato l’eclettico magistrato – ho tratto un libretto con il fine di giungere ad un’opera. Il Conservatorio San Pietro a Majella ha ritenuto che fosse valido e potesse essere musicato. Cosa avvenuta grazie al maestro Carlo Mormile. Un dramma lirico in due atti che è diventato un progetto del Conservatorio. È stato fatto un casting per scegliere i cantanti che devono interpretare i diversi ruolo previsti dal dramma. Alcuni di essi fanno parte del coro del Conservatorio partenopeo. La cosa è piaciuta e si era pensato di metterlo in scena presso lo stesso Conservatorio, poi si sono avuti contatti con il Teatro Cilea di Napoli che ha scelto di tenere la prima dell’opera nell’ambito della manifestazione “Confronti musicali contemporanei 2023”. Successivamente, stiamo organizzando una rappresentazione ad Aversa dove vorremmo anche stampare il libretto per distribuirlo. Si tratta di un’opera nuda nel senso che non avremo costumi e scene. Gli attori reciteranno vestiti normali sotto forma di concerto e solo successivamente potremmo avere un’opera completa. Si tratta di una cosa bella e interessante che potrà avere un’evoluzione positiva». Presenti il Coro del Conservatorio di Napoli e la classe di Musica d’insieme Jazz di Giulio Martino, in collaborazione con Associazione Collegium Philarmonicum direttore Carlo Mormile.
Graziano, magistrato in servizio presso la sezione fallimentare del tribunale di Napoli, giudice delegato in procedure complesse come Edenlandia o lo Zoo di Napoli per finire a Bagnoli Futura, ha trascorso, nel 2014, tre giorni e tre notti da internato. Il suo ingresso è stato ordinario, attraverso l’ufficio matricola. Gli unici a conoscere la sua identità la direttrice e il comandante della polizia penitenziaria dell’epoca. «Non è affatto un lager come vogliono far sembrare. I circa 120 pazienti sono curati e assistiti da medici e agenti che svolgono una sorte di missione, sempre in balia – aveva affermato – di reazioni sconosciute da parte dei pazienti».
La cosa che più lo aveva colpito? «La distanza tra la mente e il corpo, quella sorte di dissociazione. Ho potuto notare persone fisicamente più forte di un toro, ma con la mente debole, quasi da bambino. Circostanza che non poteva non fare tenerezza». «In quei tre giorni trascorsi in cella – conclude il magistrato – ho tratto un’esperienza importante: dietro quel muro c’è un altro mondo. Il muro è costituito soprattutto dalla diffidenza di noi ‘normali’. C’è una paura da parte di chi è fuori che serve anche da giustificazione per non affrontare, non guardare quell’abisso della mente che nessuno ha ancora affrontato in maniera compiuta».