Patrick Zaki è uscito dall’edificio della Direzione di polizia di Nuova Mansura dopo la grazia presidenziale ricevuta mercoledì. – continua sotto –
Il ricercatore torna in libertà dopo aver scontato 22 mesi di carcere. Appena liberato, dopo aver stretto la mano a un uomo della sicurezza, Zaki ha abbracciato la madre Hala, la fidanzata Reny Iskander, la sorella Marise e il padre George. “Ora sono libero, penso a tornare in Italia il prima possibile, speriamo che avvenga presto”, ha dichiarato il 32enne. Il ministro Antonio Tajani aveva sottolineato il ruolo chiave giocato dall’Italia per l’ottenimento della grazia.
“Sto pensando a ritornare a Bologna, a essere con i miei colleghi all’università. Ora torno al Cairo”, ha proseguito Zaki. “Ottima notizia. Ora auspichiamo che possa presto beneficiare della libertà di viaggiare e che questa comprenda ovviamente quella di viaggiare dall’Egitto ma anche di tornarvi ogni volta che lo desidererà “. E’ il commento di Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, al rilascio di Patrick Zaki in Egitto.
Dopo l’annuncio della grazia, il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, aveva annunciato che Zaki sarebbe arrivato in Italia. Era il 7 febbraio del 2020 quando Zaki fu arrestato all’aeroporto del Cairo: era arrivato per trascorrere un periodo di vacanza dall’Italia, dove frequentava un master in Studi di genere presso l’Università di Bologna. – continua sotto –
La vicenda – A dicembre del 2021, dopo quasi due anni di detenzione preventiva, era stato scarcerato, pur continuando a restare sotto processo. Ragion per cui la sua laurea al master di Bologna il 5 luglio, con 110 e lode, è avvenuta a distanza, in videocollegamento. Martedì era giunta la condanna: la Corte d’emergenza di Mansoura l’aveva condannato a tre anni di carcere di cui, considerando i 22 mesi già trascorsi in custodia, avrebbe dovuto scontare 14 mesi. L’accusa: “diffusione di notizie false sulle condizioni interne del Paese”, per un articolo sui diritti dei cristiani copti pubblicato nel 2019. Trattandosi di un tribunale di emergenza, la sentenza in base alla legge egiziana era inappellabile, ma il gruppo Egyptian Initiative for Personal Rights (Eipr), con cui Zaki aveva collaborato e che lo ha rappresentato al processo, aveva spiegato che “una sentenza non diventa definitiva fino a quando non viene ratificata dal presidente della Repubblica, che ha il potere di approvarla, annullarla o modificarla, oltre a quello di emettere la grazia presidenziale”. La grazia da parte di Abdel Fattah Al Sisi è giunta nel pomeriggio di mercoledì.