Gricignano, tragico parto trigemellare: risarcimento da oltre 2 milioni e mezzo ai familiari di Francesca Oliva

di Antonio Taglialatela

Gricignano (Caserta) – All’indomani del rinvio a giudizio del titolare e di tre medici della clinica Pineta Grande, arriva la sentenza del tribunale civile di Santa Maria Capua Vetere che ha condannato l’Asl Napoli 2 Nord e gli eredi del ginecologo Sabatino Russo ad un risarcimento di oltre 2 milioni e mezzo di euro i familiari di Francesca Oliva, la 29enne di Gricignano deceduta per setticemia il 24 maggio 2014, insieme a due dei tre gemellini che portava in grembo, durante il parto avvenuto nella struttura ospedaliera casertana di Castel Volturno. – continua sotto –  

Il caso – Seguita durante la gravidanza dal dottor Sabatino Russo, allora in servizio all’ospedale “San Giuliano” di Giugliano in Campania e deceduto il 16 gennaio 2017 prima del rinvio a giudizio nel processo penale, Francesca era stata ricoverata prima all’ospedale di Giugliano (dall’8 al 14 maggio, tornandovi il 19 ma venendo subito dimessa dallo stesso Sabatino) e poi alla clinica di Castel Volturno il 22 maggio. Dopo le minacce di aborto, Russo, il 7 maggio, le aveva praticato un cerchiaggio cervicale a fronte della presenza di una significativa leucocitosi con neutrofilia del 77 per cento, emersa dagli esami del sangue. Era in atto una contaminazione batterica. Qualche giorno dopo, uno dei suoi tre bambini, il maschietto, morì. Nessuno, però, se ne accorse, nonostante l’ecografia eseguita. Con l’aggravarsi delle sue condizioni, il 22 maggio venne trasferita d’urgenza alla clinica Pineta Grande. La febbre altissima venne curata con antibiotici ritenuti inidonei. Il 23 maggio si decise, infine, di operare il cesareo, per far nascere i bambini alla venticinquesima settimana di gestazione. Il maschietto era già morto, mentre una delle due femmine, Giorgia, superata la fase del parto, morì 24 ore dopo il decesso della madre, avvenuto il 24 maggio, per scarsa maturità dell’apparato respiratorio. L’unica sopravvissuta fu una bambina, Maria Francesca, trasferita all’ospedale “Santobono” di Napoli e salvata dai medici di quella struttura.

L’accusa al ginecologo Russo – Secondo l’accusa, sostenuta dagli avvocati Raffaele Costanzo, Rosa Abbate e Francesco Lettieri il processo settico che portò alla morte della ragazza probabilmente era già iniziato in occasione del primo ricovero all’ospedale di Giugliano l’8 maggio 2014 e non fu fronteggiato in modo adeguato sia presso lo stesso ospedale giuglianese che presso la Pineta Grande di Castel Volturno. “Nella prima fase, dal giorno 8 maggio 2014, i sanitari – contestano gli avvocati dei familiari, come si evince dalla sentenza – non eseguirono la necessaria diagnostica microbiologica cervico-vaginale che, se posta in essere, avrebbe evidenziato la presenza di microorganismi patogeni ed avrebbe permesso una più adeguata aggressione farmacologica; peraltro, non furono nemmeno prescritte opportune indagini diagnostiche né fu monitorata la leucocitosi con neutrofilia, già evidenziata il giorno del primo ricovero; fu posta in essere, viceversa, un inusuale e non opportuno cerchiaggio cervicale in paziente portatrice di gravidanza trigemina. Anche in occasione del secondo controllo, il 19 maggio 2014, all’ospedale di Giugliano, non fu prescritta alcuna indagine diagnostica o quantomeno non fu disposto un nuovo ricovero per accertamenti e cure. Un corretto trattamento antibiotico ad ampio spettro in questa fase avrebbe salvato la vita di Francesca Oliva e dei suoi bambini”.

Il ricovero alla Pineta Grande – “Anche durante il successivo ricovero del 22 maggio 2014 alla clinica Pineta Grande – proseguono gli avvocati – i sanitari, nonostante i dati anamnestici allarmanti e la leucocitosi (21.000 Globuli Bianchi) con marcata neutrofilia (94%), intervennero in modo del tutto inadeguato; ed invero omisero la diagnosi di morte endouterina del feto certamente avvenuta da alcuni giorni, omisero un più adeguato monitoraggio ematochimico ed una tempestiva attuazione di terapia antibiotica ad ampio spettro; pertanto sia il comportamento dei sanitari dell’ospedale di Giugliano che quello dei sanitari della clinica Pineta Grande è risultato chiaramente negligente ed imperito nella gestione della paziente”. – continua sotto –  

I consulenti: “Nesso causale tra cerchiaggio e infezione” – Secondo il parere dei consulenti incaricati dal tribunale, l’operato dei sanitari della Pineta Grande, invece, “non risulta in nesso causale con il decesso di Francesca Oliva e di Giorgia Puca”. Mentre ritengono “altamente probabile la sussistenza di un nesso causale tra il cerchiaggio praticato e la corioamniosite che si sviluppò nei giorni a seguire. Tale complicanza infettiva nel caso della signora Oliva, poteva essere prevenuta e dunque evitata semplicemente non sottoponendo la paziente ad una procedura non indicata né apportante alcun tipo di beneficio scientificamente accertato”. I consulenti, pertanto, ritengono “censurabile la condotta tenuta dal personale medico dell’ospedale di Giugliano, in particolare del dottor Sabatino Russo, chirurgo operatore e come tale responsabile dell’esecuzione di una procedura non indicata quale il cerchiaggio cervicale e della evitabile complicanza infettiva successivamente insorta. Lo stesso medico, in occasione della visita del 19 maggio 2014, non sottopose la paziente ai dovuti approfondimenti clinici, laboratoristici e strumentali, né diagnosticò correttamente la morte endouterina di uno dei feti, che secondo il Ctpm avvenne circa 7-8 giorni prima del parto”.

I risarcimenti – Il giudice della terza sezione civile del tribunale sammaritano, Antonia Schiattarella, ha quindi ritenuto spettanti i risarcimenti, per circa 2,5 milioni, ai familiari di Francesca Oliva: il marito Alessandro Puca, la figlia Maria Francesca, unica sopravvissuta al tragico parto, al padre e ai fratelli di Francesca, ai suoceri e nonni paterni della piccola Giorgia, la gemella deceduta dopo il parto. Ma la cifra potrebbe superare i 3 milioni poiché mancano i risarcimenti per la madre di Francesca.

Medici assolti in primo processo penale – Per quanto riguarda la responsabilità degli altri medici, in servizio sia a Giugliano che alla Pineta Grande, il giudice rievoca l’assoluzione di 14 sanitari imputati per “l’esclusione del nesso casuale tra il comportamento omesso e la morte di Oliva Francesca e Puca Giorgia”. “Pur consapevole della differenza della ricostruzione del nesso casuale in ambito civile e penale, va detto – sottolinea il giudice – che la falsificazione della cartella sanitaria del ricovero alla Pineta Grande non è stata accertata in apposito giudizio di falso, per cui nemmeno potrebbe essere posta a base di un accertamento tecnico in questa causa”. – continua sotto –  

In corso processo per falsificazione cartella clinica – Ma sul versante penale è in corso un altro procedimento: il prossimo 13 novembre si terrà la prima udienza che vede imputati il titolare e i medici della Clinica Pineta Grande accusati di falsità materiale in concorso, in quanto, secondo l’ipotesi accusatoria, avrebbero alterato e falsificato post mortem la cartella clinica informatica della paziente, in riferimento soprattutto alla somministrazione dell’antibiotico Unasyn che i sanitari, secondo i documenti ufficiali della clinica, avrebbero dato alla Oliva ma che, invece, stando all’accusa, sarebbe stato inserito solo successivamente nella cartella clinica. Alla paziente sarebbe stata somministrata solo una compressa di “Amplital”, ritenuto meno efficace per la circostanza.

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