Svolta sull’omicidio di Antonio Natale, il pusher ribelle di Caivano (Napoli) ucciso il 4 ottobre 2021 dal clan di cui faceva parte perché colpevole di essersi impossessato di una borsa contenente droga, armi e denaro. – continua sotto –
I carabinieri del Nucleo Investigativo del Gruppo di Castello di Cisterna, al termine di indagini coordinate dalla Dda di Napoli, hanno notificato tre arresti in carcere a tre persone già detenute ritenute appartenenti al commando che attirò in un tranello e poi assassinò Natale con tre colpi di pistola al torace e alla testa.
L’omicidio avvenne di ritorno da una giornata di shopping a Napoli. Natale venne assassinato in auto e il suo cadavere, esposto all’intemperie, venne trovato dopo due settimane in un fondo agricolo. Il mandante del delitto è ritenuto Domenico Bervicato, facente parte dell’omonimo gruppo malavitoso del Parco Verde, che in carcere ha rilasciato dichiarazioni parziali, lacunose e fuorvianti circa l’accaduto.
Tra gli arrestati Gennaro Pacilio, uno che, secondo un collaboratore di giustizia, che dice di conoscerlo bene, era uno che “per denaro ucciderebbe anche i suoi figli”. Oltre che a Pacilio, le accuse di omicidio e dei connessi reati di detenzione e porto di arma da sparo aggravati dal metodo mafioso sono state notificate anche ad altri due dei quattro componenti del commando: Emanuele D’Agostino, 26 anni, e Bruno Avventurato, di 48. A sparare i tre colpi di pistola a Natale (i primi due lo ferirono gravemente e l’ultimo alla testa lo uccise) fu proprio Gennaro Pacilio. Anche D’Agostino cercò di sparare ma la sua arma si inceppò.
Domenico Bervicato, il mandante, era alla guida dell’auto in cui venne l’omicidio. Poi ci sono i fratelli Bruno e Giancarlo Avventurato, di 48 e 36 anni. A questo gruppo malavitoso di Acerra, suo amico, si rivolse Bervicato mentre Giancarlo, diventato collaboratore di giustizia, non avrebbe preso parte alla fase esecutiva ma solo fornito un supporto.
Bervicato si disse pronto a pagare fino a 200mila euro per uccidere Natale, che conosceva da una decina di anni, salvo poi pagare circa 10mila euro al sicario, che pretese però un anticipo. Dopo l’omicidio, per costituirsi un alibi, Bervicato si recò la sera alla festa di Bruno Avventurato, scatenandone l’ira.