E’ morto in carcere Alexey Navalny, dissidente e principale oppositore di Putin. Il decesso è avvenuto nella colonia carceraria numero 3 del distretto autonomo di Yamalo-Nenets, nel Circolo Polare Artico, dopo essersi sentito male dopo una passeggiata, almeno come riferiscono i servizi penitenziari russi. Detenuto dal gennaio 2021, stava scontando una pena di 19 anni di reclusione. – continua sotto –
Le notizie sulle cause e le circostanze della morte di Navalny, che avrebbe compiuto 48 anni a giugno, arrivano con difficoltà dalla Russia. Dal Cremlino si apprende che al momento non c’è “nessuna informazione sulle cause del decesso, saranno accertate dai medici”. Secondo la tv russa si è trattato di un “coagulo sanguigno”, una trombosi.
Intanto, dall’Occidente arrivano accuse verso Vladimir Putin. Dall’Ucraina, il presidente Volodymyr Zelensky non usa mezzi termini e accusa il suo omologo russo di omicidio: “Navalny è stato ucciso da Putin”. La vicepresidente americana, Kamala Harris, ritiene che “la morte di Navalny è un altro segno della brutalità di Putin. Qualsiasi cosa dirà Mosca, la Russia è responsabile della sua morte”. Sempre dagli Usa, il consigliere per la Sicurezza nazionale della Casa Bianca, Jake Sullivan, parla di una “tragedia terribile” che “solleva delle domande concrete su ciò che può essere accaduto in questo caso”, data la “lunga e sordida storia di maltrattamenti agli oppositori del Cremlino”. “La Russia è responsabile della morte di Navalny”, sottolinea il segretario di Stato Usa Antony Blinken, sostenendo che la morte dell’oppositore è la dimostrazione che il “sistema di Putin è debole e marcio”. Anche Jens Stoltenberg, segretario generale della Nato, ha parlato di Navalny: “Oggi il mio messaggio è che dobbiamo stabilire tutti i fatti e che la Russia deve rispondere a tutte le domande, molto serie, sulle cause” del decesso. “Sono profondamente rattristato e molto preoccupato”, ha aggiunto.
Anche la moglie di Navalny, Yulia Navalnaya, ha lanciato accuse dirette: “Voglio che Putin e il suo gruppo, i suoi amici, il governo, sappiano una cosa: saranno chiamati a rispondere di quello che hanno fatto a mio marito, alla mia famiglia, al mio paese”. Da Monaco di Baviera, a margine della Conferenza per la sicurezza, dove ha avuto un incontro con il segretario di Stato Usa, Antony Blinken, la consorte del dissidente aggiunge: “Saranno tutti portati davanti alla giustizia e questo giorno verrà presto”, e lancia “un appello a tutta la comunità internazionale, a tutto il mondo. Dovremmo essere uniti e combattere tutti insieme questo regime terrificante che c’è in Russia. Questo regime e Vladimir Putin dovrebbero essere chiamati a rispondere di tutte le atrocità perpetrate nel nostro paese”. – continua sotto –
Accuse a cui ribatte la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova su Telegram, affermando che ”L’Occidente salta alle conclusioni” con ”la reazione immediata dei leader dei Paesi della Nato alla morte di Alexey Navalny con accuse dirette contro la Russia”. Poi Zakharova aggiunge che ”le indagini forensi non sono ancora state completate” sul decesso, ”ma le conclusioni dell’Occidente sono già pronte”.
Navalny era appena tornato in isolamento per la 27esima volta. Avrebbe dovuto passare nella “ShiZO” quindici giorni, un record anche per il vessatorio sistema penitenziario russo. L’11 febbraio era appena terminato un altro periodo di isolamento di dieci giorni. In totale, Navalny ha trascorso 308 giorni in isolamento dall’inizio della sua detenzione.
Nato nel 1976 a Butyn, poco distante da Mosca, da una famiglia di origini in parte ucraine e figlio di un ufficiale dell’Armata rossa, dopo aver studiato legge all’Università russa dell’amicizia tra i popoli, Navalny aveva lavorato come avvocato per diverse aziende. Aveva dato poi inizio alla sua attività politica iscrivendosi al partito Jabloko, di cui diventa leader della regione di Mosca, per poi esserne espulso per via delle sue posizioni fortemente nazionaliste, da alcuni definite xenofobe. Tra i suoi primi interessi politici c’era la tutela dei cittadini dagli abusi edilizi: nel 2004 aveva lanciato il Comitato per la protezione dei moscoviti, volto a proteggerli dalle decisioni urbanistiche considerate “illegali”. – continua sotto –
Durante la guerra tra Russia e Georgia per il controllo dell’Ossezia del Sud – regione georgiana proclamatasi indipendente e filo-russa – si era dichiarato sostenitore delle iniziative di Mosca. Nel 2009 aveva ricoperto la carica di consigliere al governatore della regione di Kirov. Nel 2011 aveva dato vita al progetto RosPil, volto a monitorare gli appalti pubblici contro frode e peculato. Tramite di esso i cittadini potevano denunciare attività considerate illecite: qualora le indagini del team legale di RosPil avesse effettivamente riscontrato delle irregolarità, avrebbe fatto partire delle denunce. È proprio questo il periodo in cui saliva all’onore delle cronache come dissidente anti-Putin, specie dopo aver etichettato il suo partito, Russia Unita, come un insieme di “ladri e truffatori”.
Nel 2012, alla rielezione di Putin come presidente della Russia per la terza volta non consecutiva, Navalny aveva organizzato una grande manifestazione di protesta nel centro di Mosca, che ha portato in piazza tra le 25 mila e le 30 mila persone. Nel 2013, dopo aver fondato il nuovo partito Alleanza popolare (che diventerà in seguito Russia del futuro), si era candidato come sindaco di Mosca, con l’obiettivo di sfidare il putiniano Sergey Sobyanin, non riuscendo nell’impresa, ma dichiarando di non riconoscere i risultati, frutto – a suo avviso – di una manipolazione. Nel 2014 aveva dichiarato la sua contrarietà all’annessione della Crimea.
Alla fine del 2016, Navalny aveva annunciato l’intenzione di candidarsi alle presidenziali del 2018, ma era stato poi escluso dalle liste per via dei molti processi e condanne a suo carico, che secondo l’Occidente sono motivate politicamente. Tra di esse la più nota era quella per appropriazione indebita ai danni di Yves Rocher: l’azienda di trasporti fondata da Navalny e dal fratello Oleg avrebbe infatti, a detta dei giudici russi, sottratto al colosso francese 30 milioni di rubli. Nel 2018 la Corte europea dei diritti dell’uomo aveva condannato il governo russo a risarcire il dissidente per i molteplici arresti e procedimenti penali, valutati come un tentativo di limitare la sua libertà d’espressione.
Navalny era ritenuto un dissidente ‘pericoloso’ agli occhi del Cremlino per via della sua visibilità in Russia e all’estero, per aver esposto la corruzione del regime di Putin e per la sua contrarierà all’invasione dell’Ucraina. Il 20 agosto 2020, mentre era su un volo da Tomsk a Mosca, Navalny aveva cominciato a manifestare sintomi di malessere, che lo avevano portato alla perdita di conoscenza. Dopo aver ricevuto le prime cure all’ospedale di Omsk, sotto invito della cancelliera tedesca Angela Merkel il dissidente era stato trasportato in una clinica a Berlino. Il 2 settembre le indagini tedesche avevano confermato l’ipotesi dell’avvelenamento da novichok, agente nervino che sarebbe stato applicato nelle mutande di Navalny durante la permanenza in un albergo di Tomsk.
Tornato in Russia nel gennaio 2021, era stato fermato all’aeroporto di Sheremetyevo per non aver rispettato l’obbligo di firma per una sua precedente condanna. Nonostante grandi proteste in tutto il paese e lo sciopero della fame, Navalny era stato detenuto da allora fino alla morte. Nel dicembre 2023 era stato trasferito nella remota colonia penale “Lupo Polare”, dove ha perso la vita.
Nel 2000, Navalny aveva sposato Yulia Abrosimova, da molti descritta come la ‘first lady dell’opposizione russa’, per via della sua costante presenza a fianco del marito nella sua carriera politica, nonché della sua stessa militanza. Dalla loro unione sono nati due figli: Daria – attualmente studentessa a Stanford – nel 2001 e Zakhar nel 2008.