Trentola Ducenta (Caserta) – Si legge sul sito della Treccani che il verbo «educare» deriva dal latino «educĕre» ovvero «trarre fuori, allevare», che in generale significa «promuovere con l’insegnamento e con l’esempio lo sviluppo delle facoltà intellettuali, estetiche, e delle qualità morali di una persona, specificamente di giovane età». Potrebbe apparire strano aprire questo pezzo con una definizione dataci da un dizionario; eppure quella definizione appare la più appropriata per definire l’essenza, il fine ultimo dell’evento “Violenza di genere: educare per prevenire”. – continua sotto –
L’incontro, organizzato in occasione della Giornata internazionale della Donna dal giornalista Franco Musto, si è tenuto venerdì 8 marzo, alle 19, a Trentola Ducenta, nella parrocchia di San Michele Arcangelo. Ad aprire le porte di casa il parroco don Marcellino Cassandra, il quale, con la mitezza e la caritas che lo contraddistingue, ha coinvolto tutto il pubblico sotto l’insegna della parola del Vangelo. A moderare lo stesso Musto che ha ricordato, invitando gli astanti a un minuto di silenzio, le donne vittime di femminicidio, ma anche le ultracentenarie donne di Trentola, le giornaliste impegnate sul territorio e le donne che hanno perso la vita sul posto di lavoro. Commemorazioni che hanno commosso tutta la gremita platea e che hanno indotto a una profonda riflessione su temi oggetto di cronaca, ma per i quali c’è ancora tanta strada da fare.
Poi, proprio sui due verbi “filo conduttore” – educare e prevenire – hanno insistito tutte le relatrici invitate alla tavola rotonda: la dirigente scolastica, Luisa Diana Motti, la quale ha fatto luce sull’importanza di intervenire sui giovanissimi affinché si contrasti la violenza di genere, attraverso sensibilizzazione ed educazione; la dirigente medico del lavoro, Benedetta Costanzo, che ha offerto una lucida disamina di quelle che sono le necessità e prerogative di una donna lavoratrice, osservando anche le differenze che ancora oggi esistono nel mondo del lavoro tra uomo e donna; la poliziotta di Stato, Tommasina Maione, la quale ha esplicato tutte le modalità attraverso cui una donna vittima di violenza – psicologica, fisica, domestica – può denunciare il proprio carnefice.
Un panorama di voci, dunque, che ha colto nel cuore e nelle menti di tutti. A fine incontro, oltre ad un momento di convivium, a tutte le donne è stato donato un rametto di mimosa: simbolo di forza, femminilità e resilienza. SOTTO UNA GALLERIA FOTOGRAFICA