Trent’anni fa, il 19 marzo del 1994, l’omicidio di Don Peppe Diana. E’ partita stamani, da piazza Villa, a Casal di Principe (Caserta), la colorata marcia degli studenti per celebrare il sacerdote ucciso dalla camorra. – continua sotto –
Il corteo ha sfilato per le strade cittadine, con un passaggio ormai tradizionale – fatto anche dagli scout nella marcia di domenica 17 marzo – sotto la casa di don Peppe, dove fino a qualche anno fa si affacciava mamma Iolanda (morta nel gennaio 2020), e arrivo nel piazzale del Cimitero, dove si è tenuta la manifestazione finale con la lettura dei nomi delle vittime innocenti della criminalità organizzata, e l’intervento di don Luigi Ciotti, patron di “Libera”.
“Mi auguro che si arrivi alla beatificazione di don Peppe Diana perché il martirio è davanti agli occhi di tutti, la sua capacità di dire parole coraggiose e di denuncia ma anche di fare proposte e azioni partendo dalla parola di Dio; nella nostra mente e nei nostri cuori don Peppino è già santo”, ha detto don Ciotti. Con lui il sindaco Renato Natale, i fratelli di don Peppe, Marisa ed Emilio, altri parenti di vittime innocenti della camorra, come Rossana Pagano, che ancora attende il riconoscimento di parte dello Stato per la morte del padre, ucciso per errore.
Don Ciotti ha rievocato i tempi in cui alla cerimonia di commemorazione di don Diana “eravamo 4 gatti e sentivo interventi in cui non si riusciva a pronunciare la parola camorra, e che diventavano cerimonie molto sterili e noi non abbiamo bisogno di cerimonie. Negli ultimi anni ci sono stati invece momenti molto più attenti e molto più forti che ci ricordano che dobbiamo avere anche noi il coraggio di usare delle parole. Non dobbiamo dimenticarci però che nonostante le cose belle, importanti, positive, che si sono fatte in questi anni, la presenza seppur in forme diverse delle mafie è molto forte nel nostro Paese. Sparano di meno, sono meno appariscenti, ma hanno trovato nuove forme, sono globalizzati, usano le tecnologie e agiscono ad alti livelli”. – continua sotto –
Il vero problema, ha sottolineato il fondatore di Libera, “è che siccome ci sono stati notevoli cambiamenti, sta crescendo la percezione che vede la gran parte delle persone pensare che si passa dal crimine organizzato mafioso al crimine normalizzato, invece le mafie non sono una delle tante cose. La mafia c’è ed è presente. Ci vuole una risposta collettiva alla peste mafiosa e alla peste corruttiva, abbiamo tagliato in questi anni la ‘malaerba’ in superficie, ci si è occupati di sintomi, un grande lavoro di magistratura e forze di polizia, ma bisogna estirpare il male alla radice e per farlo c’è bisogno di politiche sociali, che vuol dire opportunità che si danno alle persone. Se la politica non fa questo non è politica ma è un’altra cosa”. IN ALTO IL VIDEO