Camorra, l’ex boss “Sandokan” torna al 41 bis: la procura ferma la collaborazione

di Redazione

Finisce la collaborazione dell’ex boss Francesco Schiavone, alias “Sandokan”, con la giustizia. La Procura di Napoli ha deciso di interrompere il percorso avviato pochi mesi fa e revocare il programma di protezione cui l’ex capoclan dei Casalesi era stato sottoposto, ritenendo che le dichiarazioni finora rilasciate non fossero utili. I pubblici ministeri antimafia, coordinati dal procuratore Nicola Gratteri, hanno quindi chiesto e ottenuto il via libera dal Ministero della Giustizia per il ritorno di “Sandokan” alla detenzione in regime di 41 bis.

Dopo 26 anni di reclusione Schiavone, 71 anni, lo scorso 29 marzo aveva deciso di collaborare con la giustizia. Già qualche settimana prima era stato trasferito dal carcere di Parma in quello dell’Aquila per via delle sue condizioni di salute, essendo malato di tumore dal 2018, curandosi all’ospedale San Salvatore, come avvenuto per il superboss di Cosa Nostra, Matteo Messina Denaro, morto per tumore nel capoluogo abruzzese. La scelta del “pentimento” era seguita a quella dei suoi figli Nicola e Walter, che hanno iniziato a collaborare con la giustizia, rispettivamente, nel 2018 e nel 2021.

L’auspicio era quello che Schiavone potesse far luce sulla misteriosa scomparsa di Antonio Bardellino, fondatore del clan dei Casalesi, ucciso nel 1988 durante la latitanza in Brasile ma il cui corpo non è stato mai trovato, e sui patti tra politica, imprenditoria e clan che hanno condannato zone delle province di Napoli e Caserta all’identificazione con la “Terra dei fuochi” a causa di sversamenti abusivi di rifiuti speciali, in modo che non fosse possibile la creazione di un sistema circolare per lo smaltimento dei rifiuti.

L’arresto del figlio Emanuele Libero – Intanto, il clan Schiavone sembra volesse riaffermarsi sul territorio di Casal di Principe e dintorni. Come testimonia l’arresto, lo scorso 15 giugno, di Emanuele Libero Schiavone, figlio di “Sandokan”, e di Francesco Reccia, figlio di Oreste Reccia, altro esponente di spicco del clan dei Casalesi. Il provvedimento rientra nell’ambito delle indagini sulle esplosioni di colpi d’arma da fuoco avvenute negli ultimi giorni a Casal di Principe. Una “stesa” era stata compiuta poco prima della mezzanotte di venerdì, alla vigilia delle elezioni amministrative, in via Bologna, contro il cancello dell’abitazione di Schiavone. Poi un’altra sparatoria nella stessa serata in piazza Mercato. Qualche giorno dopo, nella notte tra lunedì e martedì, ancora spari nella vicina San Cipriano d’Aversa, in via Ovidio, strada dove abita la famiglia di Oreste Reccia, in carcere dal 2021. Una serie di circostanze che fanno pensare ad un tentativo di “cacciare” gli Schiavone da Casale per la volontà di Emanuele Libero di reinserirsi negli ambienti criminali.

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