I soldi della mafia riciclati in Brasile: arrestato imprenditore, sequestri per 50 milioni

di Redazione

Consistenti capitali di matrice mafiosa investiti in iniziative imprenditoriali e in società di diritto brasiliano, tutte abilmente schermate attraverso prestanome e aziende di comodo che facevano da interposizione. È quanto scoperto dai magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Palermo, dalle autorità giudiziarie brasiliane e dalla Guardia di finanza nell’inchiesta che ha portato all’arresto di un imprenditore di origini bagheresi, Giuseppe Bruno, e a un sequestro di beni e disponibilità finanziarie per circa 50 milioni di euro.

Il denaro, secondo le ricostruzioni investigative, sarebbe giunto a destinazione tramite sofisticati meccanismi di riciclaggio basati, tra l’altro, sull’impiego di plurimi conti di transito accesi presso istituti finanziari prevalentemente all’estero. Al vertice di questo sistema ci sarebbe stato uno dei più autorevoli uomini d’onore palermitani, considerato dagli investigatori dal 2018 “reggente del mandamento mafioso di Pagliarelli”, sino al suo arresto avvenuto nell’aprile del 2021: Giuseppe Calvaruso. Quest’ultimo, sin dal 2000, avrebbe stretto un’alleanza d’affari con l’imprenditore bagherese.

A fornire loro il supporto necessario per articolate operazioni societarie, in Italia e all’estero (Brasile, Svizzera, Hong Kong e Singapore), sarebbero stati affermati professionisti: tra questi, due operativi in Emilia Romagna. Grazie al sostegno di questa rete, i due, dopo aver realizzato alcune iniziative imprenditoriali in Italia, tra cui un noto resort in provincia di Trapani, a partire dal 2016, avrebbero spostato il baricentro dei loro interessi principalmente in Brasile, potendo lì contare, in una prima fase, anche sull’appoggio di un altro imprenditore romano, poi arrestato nel 2019 dalla polizia brasiliana perché ritenuto mandante di un omicidio avvenuto cinque anni prima a Natal. A quest’ultimo, l’uomo d’onore palermitano avrebbe consegnato ingenti capitali provenienti direttamente dalle casse di Cosa nostra. Gli inquirenti ipotizzano a questo proposito un primo maxi finanziamento per circa 830mila euro, che sarebbe stato elargito in contanti in due tranche, tra il 2016 e il 2017, grazie al quale l’organizzazione sarebbe entrata a far parte, come socio occulto, in numerose società già presenti in brasile.

Dal 2019, il reggente di Pagliarelli si sarebbe poi trasferito a Natal, raggiungendo l’imprenditore di Bagheria giunto nel Paese già nel 2016, in modo da poter seguire direttamente sul posto lo sviluppo di importanti iniziative imprenditoriali “e continuando nel contempo – ricostruisce la guardia di finanza – a gestire le attività criminali palermitane”. Tra gli affari più significativi, alcune operazioni nel settore della ristorazione e, soprattutto, l’avvio, attraverso le società del gruppo, di un piano di lottizzazione di vastissime aree edificabili a ridosso della costa nordorientale del Brasile.

Progettualità che si aggiunge ad altre numerose transazioni in campo immobiliare, “in grado di garantire profitti di eccezionale entità”. Proprio alla luce di queste prospettive, secondo una stima preliminare degli investigatori, sarebbe quantificabile in oltre 500 milioni di euro il valore patrimoniale complessivo nel tempo assunto da tutte le società nell’orbita del sodalizio criminale. IN ALTO IL VIDEO

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