Il “badante killer” resta in carcere: “Non mi resta molto da vivere”. L’inchiesta passa a Latina

di Redazione

Resta in carcere il 48enne napoletano Mario Eutizia, l’uomo che lo scorso 22 agosto ha confessato di aver ucciso, somministrando loro potenti dosi di farmaci, quattro anziani negli ultimi dieci anni. Il gip del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, Alessandra Grammatica, si è dichiarata incompetente per motivi territoriali e ha disposto la trasmissione degli atti al tribunale di Latina, luogo del primo presunto delitto; pertanto non ha convalidato il fermo, emesso dopo la confessione resa dall’uomo al pm Annalisa Imparato e ai carabinieri. Nel frattempo, tuttavia, ha disposto la custodia cautelare nel penitenziario sammaritano perché c’è il rischio che il 48enne potrebbe uccidere ancora.

Malato e molto provato fisicamente, poiché affetto da diabete e da altre patologie, Eutizia è stato accompagnato a braccio dai suoi legali, Gennaro Romano e Antonio Daniele, in occasione dell’udienza di convalida del fermo. Separato da tempo dall’ex moglie, che vive a Napoli, e con una figlia 25enne, il 48enne, lasciata l’abitazione di un 96enne di Vibonati (Salerno), dove dimorava, era senza fissa dimora dallo scorso marzo.

Quattro le presunte vittime: Luigi Di Marzo, 89 anni, morto a Casoria (Napoli) nel dicembre scorso, Gerardo Chintemi, 96 anni, deceduto a Vibonati (Salerno) nel marzo scorso, mentre sono da identificare altri due pazienti di Latina che l’uomo ha detto di aver ucciso nel 2014, dieci anni fa, ma dei quali non ricorda i nomi e altri elementi per individuarli, dal momento che ha dichiarato di aver subito, mentre dormiva su una panchina, il furto del borsello con effetti personali e il cellulare nel quale c’erano i dati dei pazienti.

Dinanzi al gip, l’uomo ha detto ancora una volta di aver provocato volontariamente la morte dei quattro anziani gravemente malati che assisteva, per “compassione” e per “pietà”, somministrando loro potenti dosi di farmaci. Poi, spinto dal rimorso, ha deciso di consegnarsi alle autorità, anche perché, a causa delle sue precarie condizioni di salute, non gli resterebbe molto da vivere, “uno-due anni”, come da lui stesso affermato. Non ha aggiunto ulteriori dettagli, né ha parlato di altri eventuali casi considerando che si è occupato nel complesso di circa trenta anziani.

“Siamo soddisfatti di questo primo risultato – fanno sapere i suoi legali – essendo venute meno le esigenze a giustificazione del fermo (pericolo di fuga, ndr). L’indagato, nonostante sia particolarmente provato dalle vicende narrate e dalla situazione invalidante di cui è portatore, si è affidato totalmente al lavoro degli inquirenti, di cui ha la massima fiducia. Sono fatti gravi che meritano i necessari e dovuti approfondimenti. È chiaro – concludono Daniele e Romano – che siamo ancora in una fase embrionale del procedimento e pertanto aspettiamo i tempi per i necessari esiti investigativi”.

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