Teverola (Caserta) – Il generale di divisione Canio Giuseppe La Gala, comandante della Legione Carabinieri Campania, e il viceministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale Edmondo Cirielli, hanno partecipato alla commemorazione dell’eccidio, compiuto 81 anni fa, di 14 carabinieri e due civili uccisi per mano dai nazisti a Teverola.
Presenti, tra gli altri, il deputato Gimmi Cangiano, il sindaco Teverola Gennaro Caserta, il prefetto di Caserta Giuseppe Castaldo, il vescovo della diocesi di Aversa, monsignor Angelo Spinillo, il comandante provinciale dei Carabinieri di Caserta, colonnello Manuel Scarso, numerose autorità civili e militari, una rappresentanza dell’istituto comprensivo statale “Ungaretti” guidato dalla dirigente Adele Caputo (che nel 2018 promosse la realizzazione del libro “Il valore, la dignità e l’onore – La storia dei Carabinieri”, scritto dagli stessi studenti teverolesi dopo un accurato lavoro di ricerca sul cruento episodio e sulle gesta di 14 eroi che non esitarono a donare la loro vita per la Patria) e i familiari di alcuni Caduti. In ricordo di questi eroi il generale La Gala ha deposto, insieme al viceministro Cirielli e al sindaco, sul monumento dedicato alle vittime, una corona di alloro dell’Arma dei Carabinieri.
LE VITTIME – Questi i nomi dei 14 carabinieri: Egidio Lombardi (36 anni, brigadiere), Emilio Ammaturo (41, appuntato), Ciro Alvino (32, carabiniere), Antonio Carbone (21, carabiniere), Domenico Franco (19, carabiniere), Martino Manzo (49, carabiniere), Giuseppe Covino (28, carabiniere), Michele Covino (31, carabiniere), Giuseppe Pagliuca (28, carabiniere), Giuseppe Rocca (23, carabiniere), Nicola Cusatis (30, carabiniere), Domenico Dubini (30, carabiniere), Giovanni Russo (29, carabiniere), Emiddio Scola (40, carabiniere). I due civili: Carmine Ciaramella, operaio, e Francesco Fusco. – continua sotto –
LA STORIA – L’armistizio dell’8 settembre 1943 firmato a Cassibile dal generale Castellano, per il Governo Italiano, con il rappresentante delle forze anglo-americane, segnava virtualmente la conclusione del secondo conflitto mondiale, aprendo, di fatto, quello con le truppe di Hitler. Nei giorni seguenti, nonostante le forze armate dello Stato fossero senza precise direttive, diversi reparti italiani diedero luogo ad una strenua resistenza. A Napoli, appena pervenne la notizia dell’armistizio, i tedeschi iniziarono immediatamente ad avere un atteggiamento ostile nei riguardi dei militari italiani. La volontà tedesca di assumere il controllo della città portò, sin dal mattino del 9 settembre 1943, a diversi scontri armati, tra cui quello con i carabinieri posti a difesa della caserma “Pastrengo”, cui contribuirono in misura rilevante, tra gli altri, quelli della Stazione di Napoli Porto.
Il mattino dell’11 settembre 1943, superato un primo momento di difficoltà, i soldati del Fuhrer iniziarono una nuova e più massiccia azione per occupare il Palazzo dei Telefoni di via De Pretis, obiettivo strategico per il controllo delle comunicazioni dell’intera area. A protezione dell’impianto furono posti 150 soldati del 40esimo Reggimento Fanteria, unitamente a quei carabinieri della Stazione di Napoli Porto che si erano già disimpegnati nella difesa della caserma Pastrengo. Nonostante il valore dei militari italiani, nel corso della stessa giornata le truppe naziste, più numerose e meglio armate, riuscirono a prevalere sino ad attestarsi saldamente in ogni quartiere di Napoli, spegnendo tutti i focolai di resistenza. Nella giornata del 12 settembre i tedeschi attaccarono la Stazione di Napoli Porto. L’assalto fu condotto dalle SS, con un numero preponderante di uomini, dotati di armi automatiche e casse intere di bombe a mano. I carabinieri combatterono fino all’ultimo finché, al termine di una lunga giornata di scontri, furono costretti ad arrendersi per l’esaurirsi delle munizioni.
I tedeschi, unicamente per salvaguardare la propria immagine e lasciar credere di rispettare la Convenzione di Ginevra, li dichiararono prigionieri di guerra e consegnarono loro alcuni fucili privi di caricatori, quindi li incolonnarono con altri prigionieri italiani e li avviarono fuori città, simulando che i carabinieri avessero il compito di concorrere alla scorta dei prigionieri. La colonna arrestò la marcia verso la mezzanotte del 12 settembre, a Teverola, dove, dal mattino del 13 settembre, allo scopo di continuare a far credere che i carabinieri stessero svolgendo un compito d’istituto, furono condotti, a bordo di mezzi militari, per le aree circostanti, fino a quando, in località “Madama Vincenza” di Teverola, insieme a due civili, anch’essi fatti prigionieri perché ostili ai nazisti, furono fatti disporre su due fila e trucidati con colpi di mitragliatrice. I carabinieri della Stazione di Napoli Porto terminarono in modo cruento la loro esistenza, responsabili unicamente di aver voluto restare fedeli al giuramento prestato ed aver inteso difendere la propria Patria. I militari del Reich, subito dopo l’eccidio, bruciarono i documenti dei giustiziati ed ordinarono ad alcuni civili di scavare una fossa per seppellire i cadaveri.
Al termine delle ostilità venne concessa ai 14 carabinieri e ai due civili una “Medaglia d’Argento” individuale con la seguente motivazione: “In periodo di eccezionali eventi bellici seguiti dall’armistizio, preposto con gli altri militari della sua Stazione alla difesa di importante centrale telefonica, assolveva coraggiosamente al suo dovere opponendosi al tentativo di occupazione e devastazione da parte delle truppe tedesche. Catturato per rappresaglia e condannato a morte con i suoi compagni affrontava con ammirevole stoicismo il plotone di esecuzione. Nobile esempio di virtù militare e di consapevole sacrificio”. SOTTO UNA GALLERIA FOTOGRAFICA