Calato il sipario sull’edizione 2024 della Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, il festival più importante e, soprattutto, più storico del nostro paese, con il rituale annuncio dei premi. In una serata piuttosto sobria, trasmessa in diretta su RaiMovie, dalla Sala Grande del Palazzo del Cinema del Lido, la madrina Sveva Alviti, attrice italiana attiva, per lo più, in Francia, ha introdotto i vari consegnatari dei riconoscimenti, dapprima, delle sezioni collaterali, per poi passare al concorso ufficiale.
A questo punto, il podio è stato affidato alla presidente della giuria internazionale, la divina transalpina Isabelle Huppert, che, con l’ausilio dei suoi colleghi d’avventura, tra i quali spicca il nome del nostrano Giuseppe Tornatore, ha dato l’avvio alla lettura dell’elenco. Un elenco, in realtà, snello ed essenziale e con nessun ex aequo, segno tangibile di un verdetto deciso e unanime.
Il massimo riconoscimento, ovvero il Leone d’Oro per il miglior lungometraggio, è andato allo spagnolo Pedro Almodovar alla sua prima regia in lingua inglese, che con “The room next door” ha raccontato con il solito fervore stilistico, grazie anche alle eccezionali performance delle muse Julianne Moore e Tilda Swinton, lo spinoso tema del diritto all’eutanasia nel caso di persone affette da malattie incurabili. Una standing ovation del pubblico presente in sala ha salutato la decisione dei giurati, come d’altronde sono stati accolti favorevolmente tutti i trofei assegnati. A partire dal Leone d’Argento, Gran Premio della Giuria, agguantato, un po’ a sorpresa, da Maura Delpero, lirica narratrice in “Vermiglio”, di una saga familiare, concepita alla maniera del maestro Ermanno Olmi, ambientata tra le valli del Trentino durante l’ultimo anno di Seconda Guerra Mondiale, recitata in dialetto locale. Terzo sul podio, Leone d’Argento per la Regia, è giunto lo statunitense Brady Corbet, che con la sua opera fiume “The Brutalist” ha tracciato la parabola, umana e professionale, di un architetto, di origini ungheresi, pietra miliare della corrente del cosiddetto “brutalismo”.
Le Coppe Volpi alle interpretazioni hanno arricchito il, già cospicuo, palmares di due icone della Settima Arte sia americana sia francese. Miglior attrice, l’eterea Nicole Kidman, efficacissima in “Babygirl” di Halina Reijn, ad affrontare un ruolo dal tasso altamente erotico, mentre miglior attore il potente Vincent Lindon, molto convincente in “Jouer avec le feu” di Delphine e Muriel Coulin a vestire i panni di un padre alle prese con la drammatica scoperta della vicinanza del figlio a gruppi neonazisti. La Kidman, purtroppo, non ha potuto personalmente ritirare l’alloro, poiché, a causa della morte della madre, ha fatto ritorno in Australia, affidando alla regista della pellicola un accorato messaggio di ringraziamento, pur in un momento tristissimo per lei, dedicando, infine, il premio alla cara memoria della genitrice.
I rimanenti “leoncini”, stavolta di colore nero, hanno segnalato il brasiliano “Ainda estou aqui” di Walter Salles per la sceneggiatura e il georgiano “April” di Dea Kulumbegashvili, Premio Speciale della Giuria, laddove il miglior attore esordiente è stato dichiarato il “cuginetto d’Oltralpe” Paul Kircher, che con “Leurs enfants aprés eux” di Ludovic e Zoran Boukherma si è aggiudicato l’ambito riconoscimento dedicato alla memoria dell’immenso Marcello Mastroianni.