Bioplastiche in agricoltura, Nizzetto dal Forum Polieco: “Necessario nuovo quadro normativo europeo”

di Redazione

Il Forum Internazionale del consorzio Polieco sull’economia dei rifiuti, tenutosi a Napoli, il 27 e 28 settembre scorsi, è stata l’occasione per discutere della sostenibilità delle plastiche biodegradabili (definite anche bioplastiche), soprattutto in relazione ai film da pacciamatura, comunemente impiegati per la copertura del suolo in agricoltura. Questi film vengono generalmente lasciati degradare nel terreno dopo l’uso, evitando così il problema della loro rimozione e gestione come rifiuti.

Il progetto di ricerca “Papillons”, finanziato dal programma “Horizon 2020” dell’Unione Europea, si occupa dello studio degli impatti delle microplastiche e nanoplastiche derivanti dalla degradazione delle plastiche utilizzate in agricoltura, con particolare attenzione alle ricadute sulla salute del suolo, la qualità del raccolto e sulla sostenibilità agricola.

Dalle ricerche condotte da “Papillons” e da altri gruppi internazionali, emerge che, durante la degradazione dei film in bioplastica nei suoli, si formano microplastiche. Queste, similmente a quelle derivanti da plastiche convenzionali, possono influenzare le proprietà chimico-fisiche del suolo ed influire sulla crescita e la salute delle piante. Tuttavia, a differenza delle microplastiche derivanti da plastiche non biodegradabili, che possono persistere indefinitamente, le micro-bio-plastiche tendono a degradarsi grazie all’azione della comunità microbiologica del suolo. I tempi di tale processo possono comunque variare da pochi a molti anni, a seconda delle condizioni ambientali, pertanto l’applicazione continuativa di film in bioplastica potrebbe portare a un accumulo temporaneo di microplastiche nel suolo che eccede delle soglie di rischio.

Il coordinatore del progetto, Luca Nizzetto del “Norwegian Institute for Water Research” (Niva), ha sottolineato che la rimozione dei film in bioplastica dopo l’uso è una delle possibili opzioni da considerare, ma che apporterebbe diversi tipi di costi ambientali in relazione, per esempio, al trasporto del rifiuto. Questa opzione richiederebbe anche la necessità dell’utilizzo di film con spessori maggiori per poter essere raccolti senza rotture che causerebbe in ogni caso il rilascio di detriti, il che, oltre a richiedere un maggiore consumo di materie prime, risulterebbe potenzialmente in tempi più lunghi per ottenere una completa degradazione negli impianti di compostaggio.

Altre soluzioni includono una valutazione sito-specifica del rischio legato all’accumulo di microplastiche, l’analisi della reversibilità degli effetti e la possibilità di sospendere temporaneamente ed in maniera regolare (per esempio attraverso la rotazione di pratiche agricole e colture) l’uso di tali materiali su un dato suolo, in modo da consentirne il recupero delle naturali strutture, funzioni e biodiversità. Una terza opzione consiste nel sottolineare il grande spazio di innovazione nell’ambito delle bioplastiche, che potrebbe fornire nuovi materiali con migliore compatibilità ambientale e tempi di degradazione adeguati alle diverse condizioni ambientali in cui questi vengono effettivamente usati.

I ricercatori di “Papillons” propongono che l’utilizzo delle bioplastiche in agricoltura sia guidato da un approccio di analisi e gestione del rischio basato su evidenze scientifiche, supportato da un nuovo quadro normativo europeo che preveda un effettivo controllo di qualità ed un continuo aggiornamento della definizione ed analisi del rischio. Tale quadro normativo è attualmente assente in Italia e nel mondo, nonostante l’uso delle bioplastiche sia in espansione su scala globale appunto per far fronte ai problemi della gestione dei rifiuti plastici in questo settore.

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