Camorra, tenta di ricostituire frangia dei Casalesi dopo 24 anni di reclusione: arrestato Antonio Mezzero

di Redazione

I carabinieri del Nucleo Investigativo del comando provinciale di Caserta, coordinati dalla Procira antimafia partenopea, hanno eseguito stamani delle misure cautelari nei confronti di Antonio Mezzero, ras del clan Schiavone nella frazione Brezza di Grazzanise, e altre persone ritenute responsabili di associazione a delinquere di tipo mafioso, estorsione, incendio, detenzione di armi e ricettazione.

L’attività investigativa, avviata nel settembre del 2022 e conclusa alla fine del mese di giugno 2023, ha permesso, attraverso attività d’intercettazione telefonica e ambientale, supportata da servizi di osservazione e pedinamento, di documentare dinamiche e definire condotte che hanno riguardato vicende relativamente recenti, che hanno coinvolto affiliati al clan dei Casalesi, di diverso spessore, attualmente attivi nei territori di Grazzanise, Santa Maria La Fossa, Vitulazio, Capua, San Tammaro, Santa Maria Capua Vetere, Casal di Principe e comuni limitrofi.

Antonio Mezzero, a capo del gruppo, dopo 24 anni di reclusione, appena in libertà, avrebbe tentato di ricostituire una frangia del clan dei Casalesi. Legato alla famiglia Schiavone, era stato scarcerato nel luglio 2022, dopo un lungo e ininterrotto periodo di detenzione, iniziato nel marzo del 1999. Pur sottoposto dapprima alla libertà vigilata e successivamente alla sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, si sarebbe da subito adoperato per riorganizzare il gruppo criminale e affermare il proprio controllo del territorio.

Avvalendosi di persone di fiducia, tra cui anche dei parenti, Mezzero, come fanno sapere gli investigatori dell’antimafia, “ha posto in essere estorsioni in danno di imprenditori, una tentata estorsione in danno di una giovane coppia per risolvere una controversia abitativa connessa con la resistenza opposta dai due nel liberare l’appartamento in cui erano in affitto, realizzata mediante minaccia e violenza ed in particolare culminata nell’incendio dell’autovettura di proprietà degli stessi imprenditori”.

Le investigazioni hanno poi consentito di “raccogliere gravi indizi di colpevolezza a carico degli indagati in ordine al tentativo di accaparrarsi la gestione di attività commerciali attraverso le quali reimpiegare proventi illeciti, ovvero nell’ottenere una tangente sulla compravendita di un capannone commerciale, del valore di oltre 1 milione di euro”. Non di minor rilievo, per l’impatto di allarme sociale che desta, la dinamica criminale accertata della “ricettazione di mezzi d’opera e materiali da cantiere, che rientrava nelle attività del sodalizio”. Infatti, nel corso dell’attività, continuano dalla Procura, “sono stati restituiti ai legittimi proprietari diversi autocarri e mezzi agricoli rinvenuti dai militari subito dopo i furti (valore stimato complessivamente in circa 40 mila euro)”. Le indagini hanno anche consentito di acclarare la “disponibilità di armi da parte del sodalizio criminale”.

Insieme a Mezzero sono finiti in carcere il fratello Giuseppe, i nipoti Alessandro e Michele Mezzero, il 51enne Pietro Ligato, esponente dell’omonima famiglia criminale attiva, per conto dei casalesi, sul territorio del comune di Pignataro Maggiore. Pietro è figlio del capoclan Raffaele Ligato, morto nel 2022, a 74 anni, nel carcere di Milano-Opera, dove era ristretto al 41bis anche per l’omicidio del sindacalista Franco Imposimato, fratello del giudice Ferdinando Imposimato, che aveva indagato su camorra e terrorismo.

Lo stesso Pietro Ligato, come emerge dalle indagini, si inserisce in un’estorsione da 40mila euro ordinata da Carmine Zagaria, 56 anni, fratello dell’ex superlatitante Michele Zagaria, che riguardava la compravendita, risalente al 28 marzo 2022, di un capannone in località Torello di Sant’Andrea del Pizzone, frazione di Francolise, zona che per Ligato era di sua “competenza”. Per questo il figlio del defunto capoclan si sarebbe fatto consegnare dal compratore 20mila euro. Tra gli indagati per i quali il giudice per le indagini preliminari di Napoli, Nicoletta Campanaro, pur sottolineando i gravi indizi di colpevolezza, ha preferito rigettare le richieste cautelari, figura proprio Carmine Zagaria, al quale viene contestato di essere il mandante dell’estorsione. Secondo gli investigatori, la richiesta prevedeva che dovessero essere corrisposti 30mila euro dal compratore e 10mila dal venditore. La vicenda ha però visto la convergenza su questa richiesta anche del capozona di Francolise il quale, invece, era intenzionato anche lui a imporre un “pizzo” da 40mila euro ma da suddividere in due tranche da 20mila per ciascuna delle due vittime, una delle quali venne anche minacciata e aggredita.

In carcere sono finiti, tra gli altri Giovanni Diana, di Casal di Principe; Davide Grasso, di Santa Maria La Fossa; Carlo Bianco, di Casal di Principe; Pasquale Natale, 64 anni, originario di Santa Maria La Fossa ma residente a Vitulazio. Ai domiciliari Pietro Zippo; Di Marta di Vitulazio; Vincenzo Addario, di Santa Maria Capua Vetere; Giuseppe Diana di San Cipriano d’Aversa e Andri Saphiu. Altre dieci persone sono indagate a piede libero.

I numeri dell’operazione: 14 misure cautelari emesse (9 in carcere e 5 ai domiciliari); 120 militari impiegati; un team Sos (Squadre Operative di Supporto); un team Nucleo Cinofili Carabinieri; un Nucleo Elicotteri Carabinieri Pontecagnano. IN ALTO IL VIDEO

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