Aversa, caso mansarde: il Tar “apre” ai risarcimenti e condanna il Comune

di Redazione

Aversa (Caserta) – Con una pronuncia decisamente innovativa, vista la riluttanza dei giudici amministrativi a riconoscere i risarcimenti, il Tar Campania ha accolto il ricorso di un cittadino, difeso dall’avvocato amministrativista Fabrizio Perla (nella foto), contro il Comune di Aversa e condannato quest’ultimo a risarcire i danni derivanti da un provvedimento comunale di annullamento di un permesso di costruire, già ritenuto illegittimo e annullato dallo stesso tribunale amministrativo.

La sentenza di oggi (numero 6593/2024), che non mancherà di aprire dibattiti, discussione e sicuramente preoccupazione nell’ente comunale, stante la sua novità ed apertura sul tema dei risarcimenti, si innesta nella nota vicenda che ha tenuto banco per lungo tempo in città, delle cosiddette “mansarde” di via Michelangelo ad Aversa quando il Comune di Aversa nel 2017, a distanza di quasi dieci anni dal rilascio del condono edilizio, annullò il permesso in sanatoria, peraltro non per ragioni urbanistiche, mai in discussione, ma perché si riteneva che la domanda di condono andasse fatta nei novanta giorni dalla originaria demolizione disposta nel 2003. E non fermandosi qui, il Comune dispose anche la demolizione e l’acquisizione dell’immobile nonché la sanzione pecuniaria e addirittura lo sgombero, ma il Tar, su ricorso dell’avvocato Perla, con sentenza definitiva nel 2022, fece “tabula rasa” di tutti gli atti adottati dal Comune di Aversa sulla vicenda negli ultimi quattro anni, annullandoli tutti.

Proposto nuovo ricorso per il risarcimento dei danni, oggi la risposta del Tar, che lo ha accolto condannando l’Ente, ritenendo di non ravvedere elementi che consentano di ritenere scusabile l’errore nel quale è incorso il Comune, che ha annullato il permesso di costruire in sanatoria illo tempore rilasciato al ricorrente adottando un provvedimento in autotutela ancorato a due autonomi motivi – la circostanza che il permesso fosse stato richiesto fuori termine e rappresentando erroneamente lo stato di fatto – entrambi rivelatisi, in sede giudiziaria (numero 2048/2020, cit.) –  viziati e del tutto inconsistenti.

Riconoscendo, dunque, la colpa della Pubblica amministrazione, il Tar ha ritenuto che risultano integrati – in conclusione – i presupposti per riconoscere al ricorrente il risarcimento del danno da responsabilità della Pa per attività provvedimentale illegittima e pertanto ha condannato all’ente ad una somma complessiva e forfetaria di circa 10mila euro.

La strada è forse lunga come testimoni la somma non alta e il fatto che in altro caso simile il Tar ha respinto la domanda ma forte ed evidente è il segnale che qualcosa sta cambiando anche nel giudice amministrativo, in rapporto alla responsabilità dei dirigenti della pubblica amministrazione, aprendo una breccia in questa direzione.

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