Migranti, sospeso trattenimento in Albania: rientreranno in Italia, atti alla Corte Ue

di Redazione

La Sezione immigrazione del Tribunale di Roma ha rimesso il caso dei migranti trattenuti nel centro in Albania alla Corte di Giustizia europea, sospendendo il provvedimento di convalida del trattenimento. La decisione riguarda sette migranti, egiziani e bengalesi, che ora si trovano all’interno del centro italiano di permanenza per il rimpatrio di Gjader, in Albania e che faranno dunque ritorno nel nostro Paese.

Allo scadere dei termini di convalida i sette stranieri dovranno lasciare il centro di Gjader. Il testo del provvedimento della XVIII Sezione immigrazione del Tribunale di Roma “rimette il caso alla Corte di giustizia dell’Unione europea, ai sensi del art. 267 TFUE” e “sospende il presente giudizio di convalida del fermo restando gli effetti del trattenimento provvisorio disposto dall’amministrazione per legge”. Il riferimento, nello specifico, è all’articolo 6 del decreto 142/2015 e all’articolo del Protocollo Albania.

La procedura di convalida, nei fatti, è stata sospesa perché – si spiega in una ordinanza di quasi 50 pagine – serve attendere la decisione della Corte di giustizia europea sui quesiti pregiudiziali proposti in merito anche all’ultimo decreto sui cosiddetti “Paesi sicuri”. Anche nelle scorse settimane i giudici della sezione specializzata in materia di immigrazione del tribunale capitolino non avevano convalidato i trattenimenti, emessi dalla questura di Roma, per i primi migranti che erano stati portati all’interno del centro di permanenza per il rimpatrio, che è stato allestito in Albania. Quell’ordinanza era stata impugnata dal Viminale con un ricorso in Cassazione.

“Il rinvio pregiudiziale è stato scelto come strumento più idoneo per chiarire vari profili di dubbia compatibilità con la disciplina sovranazionale emersi a seguito delle norme introdotte dal citato decreto legge, che ha adottato una interpretazione del diritto dell’Unione europea e della sentenza della Cgue del 4 ottobre 2024 divergente da quella seguita da questo Tribunale – nel quadro della previgente diversa normativa nazionale – nei precedenti procedimenti di convalida delle persone condotte in Albania e ivi trattenute”. Insomma – si aggiunge – “tale scelta è stata preferita a una decisione di autonoma conferma da parte del Tribunale della propria interpretazione, per le ragioni diffusamente evidenziate nelle ordinanze di rinvio pregiudiziale. Deve evidenziarsi che i criteri per la designazione di uno Stato come Paese di origine sicuro sono stabiliti dal diritto dell’Unione europea”.

E “pertanto, ferme le prerogative del Legislatore nazionale, il giudice ha il dovere di verificare sempre e in concreto – come in qualunque altro settore dell’ordinamento – la corretta applicazione del diritto dell’Unione, che, notoriamente, prevale sulla legge nazionale ove con esso incompatibile, come previsto anche dalla Costituzione italiana. Deve essere inoltre chiaro che la designazione di Paese di origine sicuro è rilevante solo per l’individuazione delle procedure da applicare; l’esclusione di uno Stato dal novero dei Paesi di origine sicuri non impedisce il rimpatrio e/o l’espulsione della persona migrante la cui domanda di asilo sia stata respinta o che comunque sia priva dei requisiti di legge per restare in Italia”.

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