La giornalista Cecilia Sala è trattenuta, dal 19 dicembre, in una cella di isolamento nel carcere di Evin, in Iran. L’arresto arbitrario di cittadini stranieri o con doppia nazionalità ha origini lontane a Teheran ed è riconducibile alla cosiddetta “diplomazia degli ostaggi” che in passato ha permesso alla Repubblica islamica, in un contesto di sanzioni economiche e isolamento diplomatico, di usare i prigionieri come leva per ottenere favori o la liberazione di iraniani detenuti all’estero.
Tra le ipotesi che si sono fatte larghe nelle ultime ore c’è proprio quella di una possibile “ritorsione” da parte di Teheran all’arresto avvenuto in Italia il 16 dicembre, tre giorni prima del fermo della giornalista, del cittadino iraniano Mohammad Abedini Najafabadi, bloccato su ordine della giustizia americana all’aeroporto di Milano Malpensa. Abedini è attualmente detenuto in regime di stretta sorveglianza: una misura presa per evitare rischi alla sua incolumità ma anche contro il pericolo di fuga. Trentotto anni, di Teheran, è stato fermato alla Malpensa, dove era appena atterrato da Istanbul.
L’altro uomo al centro di questa vicenda, Mahdi Mohammad Sadeghi, cittadino statunitense-iraniano di 42 anni, è stato invece fermato negli Usa. Entrambi sono accusati dai procuratori della Corte federale di Boston di cospirazione per esportare componenti elettronici dagli Stati Uniti all’Iran in violazione delle leggi statunitensi sul controllo delle esportazioni e sulle sanzioni. Abedini è accusato anche di aver fornito il supporto materiale al Corpo delle Guardie della rivoluzione islamica, considerate dagli Usa un’organizzazione terroristica, che ha poi portato alla morte di tre militari statunitensi, uccisi da un attacco con un drone su una base in Giordania.
Il 22 dicembre il ministero degli Esteri di Teheran ha convocato l’ambasciatrice svizzera in Iran (che rappresenta gli interessi americani nel Paese visto che Iran e Usa non hanno relazioni diplomatiche ufficiali), oltre che l’incaricato d’affari italiano, per protestare contro le misure. “Consideriamo sia le crudeli e unilaterali sanzioni statunitensi contro l’Iran sia questi arresti come contrari a tutte le leggi e gli standard internazionali”, è stata la protesta iraniana. Teheran ha poi negato ogni coinvolgimento nell’attacco in Giordania e respinto le accuse contro i suoi due cittadini.
Abedini, dopo l’arresto da parte degli investigatori della Digos milanese, si trova in carcere a Busto Arsizio (Varese) in attesa che la Corte d’Appello decida sulla sua estradizione negli Usa. Il Paese richiedente ha infatti 45 giorni dall’arresto provvisorio ai fini estradizionali per inviare la documentazione a supporto della richiesta. Una volta ricevuta la documentazione, la Corte fisserà l’udienza. Nel frattempo gli investigatori milanesi stanno analizzando quanto gli è stato trovato nei bagagli nello scalo milanese: componentistica elettronica compatibile con i reati contestati dalla Corte di giustizia statunitense, materiale cartaceo, bancario e commerciale, tre device telefonici e informatici. Se si tratta di materiale illegale sarà l’Autorità giudiziaria milanese a occuparsene.
Intanto, il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, segue con costante attenzione la complessa vicenda di Cecilia Sala fin dal giorno del fermo. E si tiene in stretto collegamento con il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, e con il Sottosegretario Alfredo Mantovano, al fine di riportare a casa al più presto la giornalista italiana. D’accordo con i suoi genitori, tale obiettivo viene perseguito attivando tutte le possibili interlocuzioni e con la necessaria cautela, che si auspica continui a essere osservata anche dai media italiani. Lo rende noto Palazzo Chigi.