Si è conclusa con un decreto di archiviazione la vicenda giudiziaria che, per circa due anni, ha visto coinvolti tre professori universitari di fama internazionale, accusati di aver truccato un concorso per un posto di ricercatore all’Università di Messina. La decisione del giudice per le indagini preliminari, Eugenio Fiorentino, pone fine a un caso che aveva scosso l’ambiente accademico italiano, lasciando ora emergere l’assoluta regolarità del procedimento concorsuale.
Tutto è iniziato nel settembre 2023, quando la Direzione distrettuale antimafia di Messina, tramite il sostituto procuratore Rosanna Casabona, notificava un invito a comparire ai professori Michele Caraglia (ordinario del Dipartimento di Medicina di Precisione dell’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”), Giuseppe Legname (docente di Biochimica all’Università di Trieste) e Giovanni Li Volti (ordinario di Biochimica all’Università di Catania). La denuncia era stata presentata dalla dottoressa S.C., seconda classificata nel concorso bandito con pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale il 14 luglio 2020. Secondo l’accusa, la commissione esaminatrice avrebbe favorito la vincitrice, la dottoressa R.F., allieva dell’ex rettore Salvatore Cuzzocrea, attraverso la falsificazione dei verbali delle prove e l’abuso d’ufficio.
Gli indagati, avvalendosi inizialmente della facoltà di non rispondere, hanno successivamente presentato memorie difensive e fornito documenti e pareri giuridici per dimostrare la regolarità del concorso. In particolare, il professor Michele Caraglia, difeso dall’avvocato penalista Roberto Imperatore, ha chiarito ogni passaggio del procedimento, fornendo prove univoche che hanno destrutturato le accuse iniziali. La difesa ha evidenziato che le intercettazioni, i video e gli altri elementi raccolti dall’accusa non supportavano le ipotesi di reato. Anche gli avvocati Dario Lander e Giorgio Antosci, rispettivamente difensori dei professori Legname e Li Volti, hanno contribuito a dimostrare l’infondatezza delle accuse.
Dopo un’attenta analisi degli atti e delle memorie difensive, il pubblico ministero ha richiesto l’archiviazione, riconoscendo che non esistevano elementi sufficienti per sostenere l’accusa in un eventuale processo. Il giudice Eugenio Fiorentino, condividendo questa valutazione, ha emesso il decreto di archiviazione, dichiarando che “gli elementi acquisiti non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna” e sottolineando che, anche alla luce del tempo trascorso, non vi erano ulteriori attività utili per accertare i fatti. La chiusura del procedimento restituisce onore e dignità ai tre accademici, riconoscendo la correttezza della loro condotta.