Diventano definitive le condanne nei confronti delle quattro persone ritenute responsabili di aver ucciso Maurizio Cerrato, l’ex custode degli Scavi di Pompei ucciso la sera del 19 aprile 2021 a Torre Annunziata, in provincia di Napoli, per una mera questione di parcheggio
La Cassazione ha respinto i ricorsi presentati dagli avvocati di Antonio Cirillo, che aveva inferto la coltellata mortale, del padre Francesco Cirillo, e dei fratelli Giorgio Scaramella e Domenico Scaramella. Tutti dovranno scontare 23 anni di carcere. La lite sfociata nell’omicidio fu innescata per un parcheggio. Sul grave fatto di sangue avvenuto davanti alla figlia della vittima, Maria Adriana Cerrato, indagarono i carabinieri e la Procura di Torre Annunziata.
Cerrato, 61 anni, fu prima accerchiato e poi accoltellato all’interno di un’area di parcheggio. Morì poco dopo, tra le urla della figlia, e la quasi totale indifferenza di chi aveva assistito a quella aggressione (o come lo definì la stessa figlia ‘agguato’), compiuta dai quattro condannati. Cerrato pagò con la vita la decisione della ragazza di parcheggiare la propria auto lungo la pubblica via, in un posto occupato da una sedia. Un ‘diritto di prelazione’ cui la ragazza si ribellò, spostando la sedia e fermando regolarmente la vettura. Al ritorno, però, trovò uno degli pneumatici forato. Alle sue rimostranze venne affrontata e schiaffeggiata.
Per questo la ragazza decise di contattare il padre che, giunto sul posto, notò il clima pesante (tanto da essere costretto a venire alle mani con uno dei condannati, rompendogli gli occhiali, ma si offrì di ricomprarli per riportare la calma), decidendo allora di andare in una vicina area di parcheggio privata per sistemare l’auto della figlia e tornare nella sua abitazione. A casa, però, Cerrato non sarebbe mai arrivato: nel parcheggio fu affrontato da più persone, picchiato, nonostante il tentativo di intervento della ragazza, trattenuto e accoltellato al petto. Già in primo grado ai quattro imputati erano stati inflitti 23 anni. Il sostituto procuratore generale di Napoli, al termine della sua requisitoria, aveva chiesto quattro ergastoli. Giorgio Scaramella è stato, infatti, condannato per concorso anomalo perché l’arma è stata portata dai tre in un secondo momento. A lui è stata riconosciuta anche l’aggravante dei futili motivi. Aggravante che non è stato possibile dimostrare per gli altri tre, che però sono stati riconosciuti come esecutori materiali del delitto.